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Intervista al Presidente di Confeuro Andrea Michele Tiso: transizione ecologica, nuove generazioni, semplificazione burocratica le priorità per il nuovo Esecutivo

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(Agen Food) – Roma, 07 ott. – di Rosalba Teodosio – Andrea Michele Tiso è il presidente nazionale di Confeuro, la Confederazione degli Agricoltori Europei e del Mondo costituita nel settembre del 2001 su iniziativa dell’Eurocoltivatori: 85 Associazioni Territoriali aderenti e 21 organismi strutturati a livello nazionale con oltre 270 mila aziende e circa 500 mila unità produttive. Attraverso Agen Food, il Presidente Tiso ha lanciato un messaggio al prossimo Esecutivo, su quelle che, secondo la Confederazione, sono le sfide e le priorità del settore agricolo.

Presidente, tra qualche giorno si insedierà il nuovo governo. Quali sono le richieste e le priorità che Confeuro intende consegnare al nuovo Esecutivo?

Stiamo vivendo una fase storica inedita e difficile. Oltre alle priorità di medio e lungo periodo, ci sono urgenze che richiedono interventi rapidi e risolutivi. Mi riferisco naturalmente al caro energia, che sta mettendo in ginocchio il sistema produttivo: molte imprese agricole rischiano di chiudere o sospendere le attività per i costi diventati insostenibili. Potremmo definirla un’operazione di pronto soccorso, con l’obiettivo di sopravvivere alla tempesta in corso. A questo salvataggio vanno però affiancate azioni più durature, per offrire una prospettiva di crescita sostenibile. Il nostro sistema produttivo va rifondato attraverso una vera conversione agroecologica che rimetta al centro piccoli e medi coltivatori e promuova l’uso intelligente delle risorse anche attraverso l’innovazione digitale. È necessaria una nuova cultura del produrre e del consumare, che faccia della tutela delle nostre eccellenze alimentari e del territorio i suoi pilastri. Prima la crisi sanitaria e poi la guerra ci hanno fatto capire che l’agricoltura deve tornare a occupare un posto centrale nell’agenda politica. È una scelta strategica che trascende le logiche meramente economiche e assume una forte valenza anche politica e sociale.

Transizione ecologica e Green Deal europeo: in che modo, secondo voi, occorre declinarli?

L’Italia ha le risorse per diventare il Paese leader del Green Deal europeo. Siamo già al primo posto in Europa per superfici coltivate a biologico, con 2,2 milioni di ettari e oltre 80mila operatori. La nuova legge sul biologico ha inoltre fornito un quadro normativo certo, ponendo le basi per un’ulteriore crescita. I segnali che giungono sono però contrastanti. Da un lato il nostro Paese ha deciso di anticipare al 2027 l’obiettivo di dedicare al biologico almeno il 25% della superficie agricola utilizzabile, senza attendere la scadenza del 2030 stabilita da Bruxelles. Dall’altro, il Piano strategico per la nuova Pac non risponde in modo soddisfacente alle critiche sollevate dalla Commissione Ue. Si sta procedendo con troppe esitazioni, ma resto convinto che puntare su un sistema di incentivi sia più efficace che fare leva su obblighi calati dall’alto.

Regole europee e Made in Italy, lotta alla contraffazione, concorrenza sleale, difesa dei piccoli produttori: da dove occorre partire?

A livello europeo siamo di fronte a un paradosso: esistono regolamenti e direttive molto dettagliati su tanti aspetti della produzione agroalimentare, ma non si riesce a trovare una linea comune per difendere il nome delle produzioni degli Stati membri. Servono regole più severe e più tutele. Almeno a livello europeo questo è possibile. Al tempo stesso, il prossimo Governo deve continuare la battaglia condotta dai precedenti esecutivi per evitare che le nostre produzioni d’eccellenza subiscano questa forma di concorrenza sleale. La guerra e le difficoltà negli scambi commerciali hanno favorito la contraffazione del made in Italy, che ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti. Il valore del mercato dell’Italian Sounding si aggira intorno ai 120 miliardi, mentre nel mondo ben due prodotti agroalimentari su tre con nomi dal suono italiano non hanno alcun legame con il nostro Paese.

Più volte avete sottolineato l’importanza di favorire l’ingresso delle nuove generazioni nel mondo dell’agricoltura. Quali sono gli impedimenti oggi?

L’agricoltura giovane è multifunzionale e competitiva, ma non riesce ancora a decollare: dal 2010 al 2020 la percentuale di aziende agricole gestite da giovani è scesa dall’11,5% al 9,3%. I bandi regionali rivolti agli under 35 stanno producendo effetti, ma non bastano da soli a imprimere una svolta. Oltre all’indispensabile semplificazione burocratica, è necessaria la diffusione di una nuova cultura legata alla terra. Per questo bisogna intervenire anche a livello dei programmi scolastici e con iniziative di comunicazione rivolte a tutti i cittadini. Il tema delle nuove generazioni sarà uno dei passaggi chiave per il primo settore nella prossima legislatura. L’ingresso di nuove forze è vitale per assicurare continuità e promuovere l’innovazione. I giovani sono infatti più propensi ad adottare tecniche di produzione sostenibili e tecnologie digitali che consentono un migliore utilizzo delle risorse.

Una più rapida e completa transizione ecologica passa necessariamente dalla sburocratizzazione della PA. Cosa ne pensa?

Contare su una Pubblica Amministrazione efficiente e su procedure semplificate è la conditio sine qua non di ogni trasformazione. Per gli agricoltori che vogliono passare al biologico gli oneri e le procedure sono ancora troppi. Basti pensare, ad esempio, alle notifiche richieste nel caso di modifiche delle superfici e degli indirizzi colturali. Gli accertamenti e i controlli sono indispensabili per assicurare un biologico di qualità, ma per essere efficaci devono essere mirati alleggerendo il carico amministrativo complessivo. La semplificazione è ovviamente un tema che interessa tutto il primo settore e che potrebbe dare un forte impulso al suo sviluppo.

Sono diverse le sfide che aspettano il nuovo governo. Quale messaggio Confeuro vuole lanciare al prossimo ministro delle Politiche Agricole?

Mi auguro che il prossimo titolare del ministero di via XX Settembre sia in grado di affermare la transizione ecologica come obiettivo trasversale e il più possibile condiviso dalle forze politiche in Parlamento. Il dibattito dovrebbe essere giunto a una fase per così dire matura, in cui non si discute più dell’opportunità di una conversione agroecologica ma solo degli strumenti con cui realizzarla. Il nuovo Governo non partirà da zero, perché negli scorsi mesi molto lavoro è stato fatto. Per produrre risultati va tuttavia portato a compimento. Per questo sono necessari coraggio e chiarezza di intenti.

#Confeuro

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