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Francesco Fiamingo e l’iconico salume spalmabile nato a Spilinga: ‘Nduja famosa nel mondo, ma dopo 14 anni ancora aspettiamo l’IGP

(Agen Food) – Spilinga (VV), 17 gen. – di Olga Iembo – Rossa fiammante dal gusto esaltante, è la ‘Nduja di Spilinga. Un salume assolutamente unico, insaccato spalmabile piccante che fa impazzire letteralmente quelli che lo provano e ormai è conosciuto in tutto il mondo. Un prodotto tipico delle zone dell’altopiano del Poro, la ‘Nduja infatti nasce a Spilinga, in provincia di Vibo Valentia e viene preparata con parti scelte del maiale tritate sottilmente, con l’aggiunta di peperoncino piccante esclusivamente calabrese essiccato naturalmente al sole – in un rapporto di 70% di carne e di 30% di peperoncino -, oltre al sale, per essere infine insaccata nel budello di maiale e affumicata. L’abbondante contenuto di peperoncino con le sue proprietà antisettiche e antiossidanti, il sale e la stagionatura, fanno sì che la ‘Nduja non contenga alcun tipo di colorante e conservante.

Il risultato è un salume dalla consistenza cremosa, saporito e gradevolmente piccante, che consente di spalmarlo sulla più semplice delle bruschette o su pane imburrato, o di utilizzarlo in molti altri modi in cucina per insaporire antipasti, contorni, primi e secondi piatti in quanto è un ingrediente ideale in salse per la pasta, sulla pizza, sulla carne, in gustosi panini, con uova, polenta, zuppe di legumi, focacce, e persino in squisiti dolci e gelati.

Nato come ‘piatto povero’ per utilizzare gli scarti delle carni del maiale la ‘Nduja di Spilinga, che conserva il suo grande valore di prodotto semplice, sano e totalmente genuino, emblema di un territorio a vocazione agricola che continua a tramandare la sua tradizione nel disciplinare di produzione, ha via via conquistato un tale successo commerciale che oggi è un prodotto immancabile anche nelle cucine di chef stellati per piatti gourmet, viene utilizzato in grandi catene di food, e spopola letteralmente all’estero.

Ce n’è abbastanza, insomma, per definire la ‘Nduja un prodotto che rappresenta a pieno titolo la Calabria e con essa quel Made in Italy tanto amato e copiato al di là delle Alpi. Un prodotto che vanta i requisiti per potersi fregiare del marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta), atteso da anni e anni dai produttori di Spilinga appositamente unitisi in Consorzio, come racconta ad Agen Food Francesco Fiamingo, titolare di “Nduja e salumi di Bellantone Gabriella”, che guida quella che sembra ormai diventata una vera crociata per riuscire a ottenere l’agognato riconoscimento.

Francesco ci sveli il segreto di questa leggendaria ‘Nduja di Spilinga…

“Nessun segreto… La ‘Nduja è l’unico salume spalmabile. Carne di maiale peperoncino e sale, nient’altro. Ciò che rende così speciale questa nostra ‘perla’ sono le materie prime che usiamo ed un metodo tradizionale che porta con sé una lunga storia.  Per la ‘Nduja di Spilinga il peperoncino deve essere calabrese, del Monte Poro, perché ha delle qualità particolari che sono specifiche per poter essere essiccato al sole in quanto è meno ‘corposo’. Capsicum annuum, di tre specie: Corno di toro, Cappello del vescovo o Naso di cane. L’antenato della ‘Nduja ha origini francesi, portato qui a Spilinga da Gioacchino Murat all’epoca della dominazione francese, Napoleone mandava una specie di ‘salume’ fatto di peperoncino e frattaglie di maiale. Murat era Vicerè e duca di Pizzo e, portando questo prodotto sul nostro territorio, nella zona del Poro, ha incontrato la nostra vocazione all’agricoltura. Le frattaglie però noi le usavamo per il soffritto, messo nei vasi di terracotta con la sugna del maiale, e consumate a luglio nei campi durante la mietitura del grano. Qualche nostro antenato ha avuto così l’idea di sostituire le frattaglie con i “ritagli” delle carni più pregiate, come soppressata, capocollo, pancetta o guanciale… da questo mix di carni, macinate sottilmente e mischiate al peperoncino è nato il nostro oro: la ‘Nduja. La ‘Nduja nasce a Spilinga”.

Un prodotto che conquista proprio tutti quelli che la scoprono e la assaggiano, e una versatilità che la rende adeguata a tutte le tavole e a tutte le cucine…

“Con la nostra ‘Nduja ci si può fare proprio tutto. La possono usare i grandi chef come anche tutti gli altri in casa in mille modi. Come dico io scherzando, ma non troppo, la ‘Nduja è un correttore di sapore, anche se tua moglie o tuo marito non sanno cucinare, basta un poco di questa e il problema è risolto! E’ ormai conosciuta in tutto il mondo, come prodotto eccezionale, ma è usato anche in grandi catene fino agli chef stellati. Sono tante le grandi realtà italiane con cui lavoriamo: abbiamo fatto un’operazione con Burger King Italia per un panino fatto con la nostra ‘Nduja, ma anche con Mi ‘Ndujo, o con la catena di Sorbillo, o con l’Antico Vinaio, ad esempio; ho avuto tante belle collaborazioni con chef Rubio, con chef Bastianich che è mio cliente negli stati uniti; con chef Bruno Barbieri; e tanti altri. Vengono a conoscerci e a raccontare di noi in tanti, da Linea verde a Geo&geo, Pollice verde, e tanti altri. Per fortuna la bontà, la genuinità e l’alta qualità fanno sempre parlare di sé”.

Il grande successo del prodotto vi ha portato anche a Creare un Consorzio ed a chiedere l’IGP, ma so che ha molto da recriminare sulla questione…

“Io sono il Presidente del Consorzio della ‘Nduja di Spilinga, che raccoglie 12 produttori del luogo, ed è nato 14 anni fa praticamente con il primario obiettivo di ottenere il marchio IGP. Ci siamo messi insieme proprio per avere la forza di chiedere e ottenere l’IGP. Eppure, pur se la ‘Nduja è a momenti più nota di questo marchio, sono 14 anni che seguo in prima persona l’iter con la produzione di carte, disciplinari e quant’altro, e ancora da oltre 5 anni siamo fermi a Roma con la documentazione e, fra una richiesta burocratica e l’altra, puri pro forma, passa il tempo e ancora non accade nulla. E’ alquanto evidente che c’è una spinta contraria che non ci permette di giungere all’obiettivo e arrivare a compimento di un inter assolutamente scontato. Tutti i presupposti per ricevere il marchio IGP ci sono, a cominciare dal presupposto della tipicità, che non mi pare in discussione. Ma è giusto che noi lottiamo per la ‘Nduja di Spilinga, perché è chiaro che il salume può essere tranquillamente riprodotto altrove ma non sarà il nostro, che risponde a un disciplinare chiaro, preciso e immutabile. C’è sicuramente chi rema contro, e noi siamo ancora così, in sospeso”.

Ben 14 anni di attesa ma voi non mollate…

“Tutto il mondo sa cosa è la ‘Nduja di Spilinga, e che la ‘Nduja è di Spilinga. Addirittura molti nemmeno sanno che non abbiamo l’IGP e si meravigliano quando se ne rendono conto. Io giro continuamente per le fiere in Italia e all’estero, compreso tutte le più importanti a livello mondiale, e la reazione di stupore è sempre la stessa. Ma questa certificazione è importante, soprattutto perché è la premessa per la crescita di tutto il territorio di Vibo e dell’intera Calabria. Noi lavoriamo con i prodotti di altri, come la carne ad esempio, e ciò significa che il marchio IGP per la ‘Nduja sarebbe trainante per tutti, l’intera regione ma anche l’intera Italia ne beneficerebbe. Eppure ancora non ce lo permettono, e intanto ciascuno di noi va avanti con le sue sole forze, per fortuna in maniera eccellente”.

Certificazione o meno, quindi, la ‘Nduja va a gonfie vele. Parliamo di fatturato e di export…

“Fortunatamente il mercato è sempre il vero giudice, e la qualità dà le sue risposte immancabili. La ‘Nduja è riconosciuta e amata come un’eccellenza. L’azienda che ora dirigo esiste da 25 anni, ma già mio nonno era produttore di ‘Nduja a Spilinga, erano all’epoca 3 o 4 famiglie che macellavano i maiali e producevano i salumi, e io quando ero ragazzo andavo nei paesi vicini a ‘fare il maiale’, macellavamo e facevamo i salumi. Le nostre aziende a Spilinga portano avanti un enorme bagaglio di esperienze e conoscenze, e i prodotti sono immediatamente amati e ricercati ovunque arriviamo. Io commercializzo in tutta Italia ma anche in tutta Europa e, anzi, sembra curioso ma Londra consuma il doppio di Milano e a momenti quasi il doppio di Roma. Vendiamo poi in mezzo mondo, dal Canada fino in Thailandia, e persino in Sudafrica. Avevo anche tanti distributori in Russia fino a che questa maledetta guerra non ci ha reso tutto così difficile. All’estero abbiamo clienti diretti della GDO o ristoratori, ma per lo più si tratta di distributori in loco, grossisti che poi vendono al dettaglio. Un discorso a parte vale per gli USA, perché le loro disposizioni sanitarie – ma credo che nella sostanza si tratti per lo più di protezione commerciale – non ci consentono di esportare lì la nostra carne di maiale, quindi abbiamo avuto l’idea di replicare un prodotto simile in tutto alla nostra ‘Nduja, fatto con le stesse caratteristiche di quello di Spilinga ma con materie prime americane. Così con un socio americano a Seattle abbiamo creato un’azienda che si chiama ‘Nduja Bella USA e produciamo la ‘Nduja in loco, molto simile a quella fatta qui da noi, manca l’affumicatura ed è un po’ meno piccante, ma è un prodotto molto buono e ha suscitato subito un grande interesse degli americani. Abbiamo distributori in tutti gli Stati Uniti, quindi è un mercato in forte crescita; parliamo di un volume di affari che al momento ci vede produrre circa 200 quintali di ‘Nduja l’anno, e dopo soli due anni dall’apertura è davvero tanto. Ma, ripeto, il mercato è in forte crescita. La mia produzione di base dell’azienda di Spilinga, invece, è circa sui 2.100 quintali all’anno solo di ‘Nduja, ma facciamo anche tanti altri salumi”.

Come dice lei, la ‘Nduja è conosciuta da tutti, ma allora quanto conta promuoverla?

“La promozione è fondamentale, sempre. Io ne faccio davvero tanta e non bisogna smettere, anzi bisogna incrementarla. La promozione e la comunicazione sono essenziali perché, soprattutto all’estero, questo è l’unico modo per contrastare le ‘brutte copie’ dei nostri prodotti italiani. Vedo delle cose inenarrabili all’estero, dove chiamano ‘Nduja dei preparati che non ci si avvicinano neppure lontanamente, a cominciare dalle materie prime. Bisogna diffondere e difendere la ‘cultura’ dei nostri prodotti italiani. Io giro il mondo, vado in tutte le fiere più importanti e famose e racconto e promuovo i prodotti della mia azienda; non posso ancora farlo come Ente perché, in attesa del marchio IGP, non abbiamo un prodotto marchiato Consorzio. L’Italia in questo senso sta imparando l’importanza della comunicazione e della promozione: all’ultimo Fancy Food a New York tre quarti degli stand della fiera erano di prodotti italiani. Il fatto è che noi rappresentiamo la vera cultura del “mangiare” che all’estero manca completamente, in molte case non si cucina, si mangia solo fuori in luoghi dove spesso neppure apparecchiano. Non è un caso che noi siamo ambasciatori del buon mangiare e del buon bere, perché la dieta mediterranea è uno stile di vita, non è una questione solo di cibi”.

Cosa serve per rafforzarsi e avanzare ulteriormente fuori dall’Italia?  

“Gli strumenti sono proprio quelli come questo marchio IGP per cui non a caso insistiamo tanto. Siamo convinti che la valorizzazione di un prodotto di punta come la ‘Nduja sarebbe trainante per tutto il territorio che rappresenta e che esalta. Ci sono altre realtà di immenso valore in Calabria che, infatti, hanno comportato nuove opportunità per tutte quelle che le hanno seguite giovandosi del successo della più storica. Un caso emblematico è quello degli amari calabresi, il grande Caffo ha aperto la strada, ma visto quanti altri ne sono arrivati dopo con successo?! Senza contare quanto un buon prodotto esalta anche le singole materie prime, come ho già detto. Un ‘carretto che cammina’ trascina tutto!”.

Dalle Istituzioni vi aspettate sostegno dunque, e quando lo otterrete che accadrà?

“Mentre siamo ancora in attesa della prossima comunicazione in merito all’iter per questa benedetta IGP, speriamo di non restare ancora fermi al palo a lungo. Se riusciremo finalmente a tagliare questo traguardo, il Consorzio è pronto poi a molti nuovi passi, perché se avremo un prodotto da commercializzare con un unico marchio apriremo a tutti i mercati, e avremo la forza di fornire la GDO italiana. Sarà un grande passo per tutta la Calabria”.   

Redazione Agenfood

Redazione Agenfood

Agen Food è la nuova agenzia di stampa, formata da professionisti nel campo dell’informazione e della comunicazione, incentrata esclusivamente su temi relativi al food, all’industria agroalimentare e al suo indotto, all’enogastronomia e al connesso mondo del turismo.

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