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Intervista a Ezio Pizzi, Presidente del Consorzio del Bergamotto di Reggio Calabria: “Profumiamo il mondo, e non solo. Presto Dop anche per il frutto”

Tempo lettura: 10 minuti

(Agen Food) – Reggio Calabria, 22 set. – di Olga Iembo – E’ un incrocio fra altri agrumi, ma è assolutamente unico. Ha la forma dell’arancia e il colore del limone, ma un sapore, un odore e soprattutto un “umore” straordinari, che ne fanno l’ingrediente primario per le “pozioni” di bellezza più ricercate e lussuose, e adesso anche per “pozioni” alimentari altamente salutari.

E’ il bergamotto, un agrume che ha 150 anni, piccolo nell’aspetto ma grande nelle potenzialità, e di produzione quasi esclusiva di Reggio Calabria. Tranne una minima quantità prodotta in Costa d’Avorio, infatti, circa il 95% della produzione mondiale di bergamotto proviene dalla provincia reggina, unico posto dove ha attecchito con risultati qualitativi di rilievo, nonostante i numerosi tentativi compiuti in altri paesi.

Ma nulla è stato possibile: è stato amore indissolubile fra il bergamotto e una terra che gode di una concomitanza di fattori così congeniali da consentire alla pianta di fruttificare in modo eccellente, garantendo un’essenza di altissima qualità al piccolo frutto che ha contribuito a rendere famose nel mondo Reggio, la Calabria, e con esse il Made in Italy.

L’albero di bergamotto svetta con i suoi 3 – 4 metri d’altezza, in tutta la bellezza del suo abito perenne di foglie verde scuro punteggiato, a marzo, da grappoli di fiori bianchi dal profumo intenso e ammaliante. I frutti, poco più grandi di un’arancia e un po’ più piccoli di un pompelmo, hanno una scorza liscia e sottile dal colore che vira dal verde al giallo limone, e vengono raccolti tra novembre e febbraio. Del bergamotto è utilizzata per lo più la buccia, destinata a numerosi utilizzi in profumeria, farmaceutica, saponi, ma da quando sono state riscontrate delle proprietà terapeutiche del frutto – come antisettico, anestetico, antibatterico, antivirale e antimicotico – trova impiego anche in vari settori dell’alimentazione. Come aromatizzante, ad esempio nel tè tipo Earl Grey, in caramelle – oltre che nelle scorzette candite -, succhi di frutta, e inoltre la messa in salamoia e, con l’aggiunta di succo, per i dolci. Sempre in cucina lo troviamo negli alcolici tra i quali alcuni prodotti tipici sono: elisir digestivo, grappa aromatizzata, amaro al bergamotto e il tradizionale bergamino.

La popolarità del bergamotto, comunque, è certamente legata al brevetto dell’italiano Gian Paolo Feminis, che nel 1704 creò “l’acqua admirabilis”, la prima acqua di toeletta destinata a diventare in seguito la celebre “Acqua di Colonia” in ricordo della città dove era stata prodotta. Così l’aromatica essenza del bergamotto divenne l’ingrediente più prezioso e ricercato nella composizione dei profumi più prestigiosi destinati all’aristocrazia e all’alta borghesia internazionale, e in seguito fu utilizzata anche nella cosmetica e in tutti i prodotti di toilette. La domanda di olio essenziale di bergamotto di Reggio Calabria in poco tempo superò le disponibilità dell’offerta, e dunque la coltivazione della pianta fu intensificata in tutta l’area vocata della provincia.

Nel 2001, poi, con Decreto della Unione Europea venne istituita la DOP (Denominazione di Origine Protetta) “Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale”. Il Decreto contiene il disciplinare di coltivazione del frutto, delle lavorazioni per l’estrazione dell’olio essenziale e della sua commercializzazione, e indica l’Organismo preposto al controllo e alla certificazione di qualità e genuinità del prodotto a seguito di una serie di analisi specifiche da effettuarsi prima di porlo in vendita. Nel 2007, infine, nacque il Consorzio di Tutela del bergamotto di Reggio Calabria, grazie alla caparbietà di un gruppo di produttori, di alcuni trasformatori e confezionatori capitanati da Ezio Pizzi, che nel 2008 giunsero al riconoscimento da parte del ministero delle Politiche Agricole. Al Consorzio spetta vigilare che il prodotto venga fatto secondo il Disciplinare; tutelarlo dalle imitazioni; promuoverne e diffonderne la conoscenza e il consumo; perfezionarne e migliorarne la qualità per salvaguardarne la tipicità e le caratteristiche peculiari.

E’ proprio l’avvocato Pizzi a raccontare di più ad Agen Food.

Presidente, ci parli del Consorzio e di quanti operatori riunisce…

“Intanto dobbiamo precisare che esistono il Consorzio del Bergamotto e anche l’Unionberg Op Società Consortile, un consorzio nato nel 2004 con circa 410 soci, tutti produttori di bergamotto, con aziende ricadenti nel territorio della provincia di Reggio Calabria, tra Villa S. Giovanni e Monasterace. Anche la Unionberg, come il Consorzio, è nata per concentrare l’offerta, quindi per riunire i produttori e avere un confronto di pari dignità con gli altri componenti della filiera. Se parliamo della Unionberg, raggruppa 486 aziende agricole. Se parliamo del Consorzio 349”.

Sul vostro sito campeggia la scritta “Bergamotto, il frutto che fa nascere i profumi”. Ma il bergamotto non fa nascere solo questo, vero? Ha moltissimi impieghi, che aumentano con il passare tempo anche grazie a importanti ricerche scientifiche… 

“Certamente, diciamo che per 3 secoli l’utilizzo del bergamotto è stato determinato dal contenuto esterno, dalla sua buccia, ovvero dall’essenza o olio essenziale che dir si voglia, per cui ritengo di ripetere questa mia frase che ‘abbiamo profumato il mondo intero’, perché se si pensa che oggi due terzi ancora della profumeria e della cosmetica di lusso è a base di bergamotto di Reggio, ci viene voglia di ricordare che in fondo la Calabria è molto importante soprattutto per questo, perché riesce a fornire una materia prima con cui le migliori fragranze profumano il mondo intero. Negli ultimi 10-12 anni si è implementato invece l’utilizzo del prodotto anche per scopi diversi, per il contenuto interno del frutto, ovvero per la sua polpa, le sue fibre e il suo succo. Grazie ad alcune ricerche scientifiche da noi richieste, di cui continuiamo ad avere la proprietà intellettuale, l’Università di Cosenza ha individuato e isolato nel frutto dei principi attivi che inibiscono la produzione del colesterolo nel sangue. Siccome il colesterolo è uno dei fattori di rischio principali per tutte le patologie cardiovascolari più pericolose, dall’infarto all’ictus, alle emorragie celebrali, in effetti, classe medica, soprattutto quella specializzata in cardiologia, sta consigliando ai pazienti di utilizzare questo prodotto per il suo effetto di cosiddetta statina naturale, una simil statina con cui si contengono queste patologie, quindi, sia a livello preventivo che curativo. L’università di Parma poi ha individuato un altro elemento importante che abbassa i livelli della glicemia. Quindi anche lì il frutto si dimostra utile per alcune azioni di prevenzione e lotta al diabete. Questi due elementi hanno creato, insieme alla fantasia di molti chef stellati, un utilizzo del bergamotto sia per la famosa premuta salutistica, sia per la marinatura dei prodotti, carpacci di carne e pesce, sia per l’aromatizzazione di altre pietanze, tra cui per esempio il risotto aromatizzato al bergamotto che nel 2000 è stato il piatto più richiesto dai turisti arrivati in Italia”.

Qual è il volume d’affari fra Italia ed estero, quali i numeri relativi al personale impiegato, e sull’export in particolare incide negativamente la posizione geografica di Reggio Calabria?

“Sull’export la posizione geografica non ha ricadute negative. Certamente sulla commercializzazione del fresco il discorso è diverso: indubbiamente il fatto che il prodotto si ricavi soprattutto nella zona Jonica, molto poco servita da organizzazioni di trasporto, comporta veramente dei limiti nella spedizione e nella commercializzazione. Per quel che riguarda l’olio essenziale no, perché ormai buona parte del prodotto viaggia sulle linee aeree. I grossi profumieri non fanno più magazzino per cui richiedono volta per volta le quantità che servono e le vogliono nell’immediato, quindi la spedizione avviene attraverso gli aerei. Quanto al volume d’affari ci sono due elementi da considerare: il volume d’affari immediato, ovvero quello che ricavano i produttori dalla vendita del proprio frutto, che si aggira intorno ai 25-30 milioni di euro all’anno, ma poi bisogna considerare un vero e proprio moltiplicatore, perché se si pensa che con quelle quantità di olio essenziale commercializzate vengono fatti miliardi di confezioni di profumi e fragranze varie, ci si rende conto che il volume d’affari poi diviene di decine e decine di miliardi di dollari, ecco che viene a determinarsi come effetto successivo, quindi come frutto di economia indotta. Come personale impiegato sul luogo io credo che vivono ‘di’ e ‘con’ il bergamotto circa 7000-8000 addetti”.

Abbiamo letto che il bergamotto ha superato due sfide titaniche nella sua storia: il terremoto del 1908 che distrusse Reggio Calabria, e l’attacco delle grandi industrie chimiche internazionali tra gli anni ’60 e ’80. Oggi come ha affrontato una sfida epocale come quella della pandemia, le cui conseguenze sono state aggravate dalla crisi geopolitica legata alla guerra russo-ucraina? Ci sono stati risvolti significativi sui prezzi e sulle vendite?

“Sulle vendite e sui prezzi siamo riusciti, concordando con gli esportatori il mantenimento della stabilità, a tenere la situazione sotto controllo. Noi abbiamo un confronto ormai di pari dignità con tutti gli esportatori oggi esistenti sul territorio reggino o siciliano, e siamo riusciti a mantenere il livello dei prezzi, che poi è la strategia che stiamo usando da circa 10-12 anni, con un confronto serio anche con gli altri componenti della filiera. Ma certamente il problema resta quello dell’assorbimento delle quantità prodotte negli ultimi due anni, perché la pandemia ha creato un blocco nei movimenti. La stragrande maggioranza delle migliori fragranze fino a ieri venivano vendute nei duty free degli aeroporti internazionali che, come ben sapete, in due anni hanno subito un forte stop nel movimento dei passeggeri, quindi anche i luoghi di acquisto eventuale delle fragranze più pregiate sono stati rimasti chiusi. I profumieri hanno avuto a questo punto un calo notevole di vendite e naturalmente hanno chiesto meno materia prima per preparare i loro prodotti finali, per cui diciamo che nei magazzini degli esportatori ci sono delle quantità di stoccaggio forse superiori all’assorbimento di un anno. Ma riteniamo che anche questo problema sia in via di risoluzione”.

Il bergamotto è un’eccellenza calabrese ed italiana, può fungere da traino anche per altre eccellenze locali in una sorta di sinergia?

“E’ quello su cui io più di una volta ho cercato di puntare, di invitare cioè tutte le cosiddette eccellenze calabresi ad operare sinergicamente in modo che, dove è conosciuto il bergamotto, attraverso questo veicolo conoscitivo si possa inserire altri prodotti di qualità, meno conosciuti, e viceversa, dove è conosciuta per esempio la liquirizia cercare di inserire il bergamotto, tra coloro i quali già conoscono la qualità e la preziosità di questo prodotto”.

Tutte le tradizioni legate alla produzione e alla lavorazione del bergamotto continuano a tramandarsi o esiste un problema di ricambio generazionale nel settore? E, se esiste, come affrontarlo?

“Innanzitutto, la tecnica ha fatto dei progressi enormi. Noi abbiamo un unico soggetto, che in termini nostrani chiamiamo “l’ultimo spiritaro”, che ci insegna la maniera in cui, fino a un secolo e mezzo fa, veniva estratto l’olio essenziale: un sistema manuale con cui veniva tagliato il frutto in due, scucchiaiata la parte interna, e poi sulla spugna, manualmente, veniva premuto per far uscire dagli otricoli esterni l’olio essenziale contenuto. E fino al 1844 questo era il modo in cui veniva estratto il prodotto. Da quella data in poi, l’invenzione da parte di Nicola Barillà della cosiddetta ‘macchina calabrese’ ha portato veramente un’industrializzazione delle estrazioni, e quindi a quel punto anche una diffusione maggiore delle quantità di prodotto. Da lì sono intervenute modifiche che negli ultimi anni hanno consentito di arrivare alle pelatrici, con l’estrazione per emulsioni con acqua, e quindi la separazione che avviene attraverso centrifugazione, e in ultimo c’è l’utilizzo della cosiddetta macchina Brown Boveri che estrae non più pelando, e quindi grattugiando il frutto, ma con delle lamelle, e sembrerebbe che la qualità ricavata in questo modo sia superiore a quella dell’ultimo periodo”.

Come si coniuga la storicità del bergamotto con le esigenze dettate dalla modernità? Quale sarà il futuro del bergamotto?

“Il futuro del bergamotto sarà determinato innanzitutto da un continuo e giusto equilibrio tra domanda e offerta. Una domanda-offerta che deve essere intelligentemente coordinata tra tutti i componenti della filiera. E’ chiaro che il prezzo attuale è altamente remunerativo per i produttori. Io credo che non ci sia nessun altro prodotto agricolo di una certa quantità che abbia la stessa remuneratività. Per cui questo fatto ha creato nuovi impianti e quindi nuove immissioni sul mercato di prodotto, che dobbiamo essere intelligentemente in grado di gestire. Ecco perché noi ci siamo impegnati negli ultimi anni in tal senso, e oggi abbiamo fatto un una richiesta alla Regione Calabria e al Ministero, per il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta anche per il frutto, per immettere sul mercato le giuste quantità di frutto fresco e scaricare le quantità eccessive che diversamente resterebbero solo per l’estrazione dell’essenza e quindi per utilizzo in profumeria. Se effettivamente, come speriamo, otterremo questo risultato, avremo modo di qualificare e tutelare ancora meglio il prodotto, e quindi di immettere sui mercati del fresco delle quantità che vanno a contenere gli eccessi di produzione determinati dai nuovi impianti”.

E quali le iniziative future del Consorzio?

“Il primo obiettivo è ottenere la qualificazione Dop anche per il frutto, e noi aspettiamo che il Ministero, che sta istruendo la pratica, la passi all’Unione europea per l’ultimo passaggio. E poi vogliamo arrivare a gestire il discorso insieme agli altri componenti della filiera, in modo da potere ottenere questi risultati di equilibrio. Se noi riusciamo attraverso la ricerca scientifica a individuare altri campi di utilizzo del prodotto, e a diffonderne in maniera adeguata i risultati, riusciremo a far consumare molto più prodotto di quanto non se ne consumi oggi. Io, con una battuta in un convegno di cardiologia a Stresa due anni fa, ho detto che se la classe medica, che ci sta aiutando in questo percorso, riuscirà a convincere gli italiani a consumare un solo frutto di bergamotto all’anno, noi saremmo in grado di raddoppiare l’attuale produzione senza ingolfare il mercato”.

Redazione Agenfood

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