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Parla Nazario Biscotti fondatore di Chef del Mediterraneo: necessario tramandare saperi, tradizioni e cultura

(Agen Food) – Lesina (Fg), 04 lug. – di Olga IemboChef del Mediterraneo, neonata associazione da poco presentata anche al Senato della Repubblica, viene da molto lontano. Tredici anni da una prima prova, un tempo lungo di riflessione e messa a fuoco. Un gruppo di cuochi uniti dall’amicizia, quella vera, sincera, autentica, appassionata, proprio come la loro cucina. Tanta esperienza alle spalle, attività di successo e una carriera affermata, ma con la voglia di lasciare il segno non solo nel presente ma soprattutto nel futuro. 

Chef del Mediterraneo è proprio questo, e lo spiega bene Nazario Biscotti, uno dei membri fondatori dell’associazione, che dal suo “Le Antiche sere” racconta ad Agen Food una vita trascorsa in simbiosi con la stupenda laguna su cui si affaccia Lesina, nel Foggiano, con i ricchi doni che essa riserva, ma anche con gli altri straordinari prodotti della terra che fanno grande una cucina tanto più riuscita quanto più è autentica, priva di virtuosismi che spesso nascondono vuoti e carenze. Una cucina che, in una parola, deve essere sincera. Come i suoi piatti in cui la corona spetta ai pesci dell’adorata laguna fra cui cefali, orate, spigole, latterini, aguglie, triglie, gamberi, anguille, granchio verde e blu, spesso abbinati a verdure e legumi, ma anche tanto altro e, manco a dirlo, una passione quasi feroce e un amore sconfinato per l’arte della cucina e dell’accoglienza in quell’angolo di mondo appartato che custodisce la memoria, dove un tramonto rapisce irrimediabilmente il cuore.

Per Zazario Biscotti la tavola è al centro di un universo che comprende un prima, fatto del lavoro paziente e diligente di chi interagisce con il territorio ripetendo antichi e immutati gesti per procurarsene i prodotti; di un durante, fatto di rispetto assoluto in cucina per materie prime e ingredienti, lasciati liberi di esprimere tutto il proprio valore senza stravolgimenti, stratagemmi o artifici; di un dopo, fatto di ritualità che iniziano già quando si apparecchia la mensa, che può essere quella di ‘Antiche sere’ come quella della nonna che sfama con gioia i suoi familiari; via via fino alla degustazione di ciò che passa dal piatto alla bocca, con calma e apprezzando ogni dettaglio, in quel vitale momento di incontro che è il convivio.   

Nazario, con Chef del Mediterraneo inizia un’avventura che la poterà a varcare i confini della sua attività. Come è nata questa idea? Perché mettersi insieme ad altri per intraprendere questo viaggio?

“L’idea dell’associazione ricordo di averla proposta ai miei amici quasi 13 anni fa dopo una serata che facemmo insieme da Leonardo Vescera. Un’occasione bella, goliardica, oltre 100 ospiti ma noi ci siamo divertiti da morire. E allora dissi ‘ragazzi riconosciamo il nostro potenziale, dopo 20 anni di amicizia e di attività, insieme possiamo fare cose importanti’. Lì nacque ‘Gargano punto e basta’, che era una cosa più ristretta. Dopo tanti anni ci siamo ritrovati a dire che dovevamo fare di più, e non un’associazione limitata nello spazio, visto che le nostre vedute sono molto ampie. Abbiamo deciso di allargare gli orizzonti ed è nata ‘Chef del Mediterraneo’. Anche se, lo dico subito, chef è una parola che odio, perché a me piace ‘cuoco’. Chef per me non ha a che vedere con la cucina, ‘chef’ è un ‘capo’, io non ho mai chiamato i miei collaboratori ‘dipendenti’ figurati se mi faccio chiamare chef! La verità è che nel mio locale, come nell’associazione e in tutto io sono per il coro, ognuno fa il suo, ma senza l’insieme non si fa nulla. Anche la cucina è così…”.

L’Associazione ha obiettivi precisi, fra i quali esaltare la Dieta Mediterranea e…?

“Nell’Associazione ognuno ha messo il suo pensiero, il mio è molto chiaro: temo che il mio lavoro, il mio impegno di tanti anni sia vanificato, si perda, perché dopo di noi non ho visto gente appassionata. Ho visto tanti ragazzi bravi anche tecnicamente ma più interessati al ‘sifone’ che al ragù, cioè non abbastanza attenti all’essenza delle cose ma più alla forma. Come dire senza quel ‘fuoco’, quella passione travolgente che ci ha contraddistinto negli anni per ciò che sta alla ‘base’ della cucina. Allora credo che noi dobbiamo interfacciarci molto con queste nuove leve. Siccome noi siamo conosciuti, allora possiamo e dobbiamo coinvolgere i ragazzi ‘inediti’ che non hanno le nostre possibilità; dobbiamo iniziare a farli apparire sotto i riflettori, motivarli e fargli capire che il ‘sifone’ è una cosa secondaria, da valutare solo quando un piatto è già ben fatto. Quindi vogliamo che le nuove leve si appassionino veramente al cibo che facciamo noi tutti, non parlo solo di cuochi, ma di quel cibo che sta alla base della dieta mediterranea, senza lasciarsi prendere troppo dai virtuosismi, cosa che a me non piace. Io ho cominciato a farlo già con mio figlio, che è diventato bravo, rispetta le materie prime, capisce l’importanza dell’autenticità della cucina. Ecco, questo dobbiamo farlo con tutti. Sarebbe bello che la mentalità di questi ragazzi, condizionati dai media e dai programmi televisivi, cambiasse radicalmente. Vorrei che se a un giovane cuoco dicessero ‘fai un piatto da trattoria’ non si offendesse, ma fosse orgoglioso. A questo dobbiamo puntare, formazione delle nuove generazioni al rispetto del territorio e dell’identità mediterranea”.

Qual è l’importanza di sostenere le attività di filiera locali che rappresentano il territorio secondo lo spirito di Chef del Mediterraneo?

“Lo ripeterò sempre: il rispetto delle materie prime e dei prodotti come ce li dà il territorio è fondamentale. Noi vogliamo che quando un cliente entra nei nostri locali lo faccia in maniera spensierata, sapendo che mangerà bene, fresco, quello che la terra esprime. E con questo non intendo riferirmi un concetto ‘talebano’ del Km0, assolutamente. Io sono invece un appassionato delle cose buone, se le nocciole buone le fanno in Piemonte allora io prendo quelle… Territorio vuol dire eccellenza di ciò che esprime la terra, qualunque essa sia. Ciò che conta è dare importanza alle materie prime, alla stagionalità. La vera cucina è ‘la cosa che trovi quel giorno’. Il menu deve essere snello e ci deve seguire: esci a fare la spesa trovi quel che c’è di buono e con quello crei. Così si fa una grande cucina. L’Associazione è in linea con questo principio di ‘apertura’ all’identità di altri soggetti espressione di tutta l’Italia e dei popoli del Mediterraneo. Siamo già in contatto con chef dell’Albania, della Turchia, che sono entusiasti. Anche se è l’Italia la massima espressione di quella dieta mediterranea che, comunque, io credo sia stata un po’ troppo ‘schematizzata’, con parametri prestabiliti e troppo formali. La dieta mediterranea, molto più semplicemente, è tutto quello che noi in Italia abbiamo sempre mangiato per generazioni, comprende una gamma estremamente ampia di alimenti. E poi non è solo il cibo ma, secondo un vero stile di vita, è anche sedersi alla tavola della nonna e aspettare che lei impiatti, è quotidianità, è ritualità, è il modo di condividere. La dieta mediterranea ha anche una faccia immateriale, è la tavola intesa come ‘momento di aggregazione’, che già ti sazia prima ancora del cibo”.

Quali strumenti e iniziative immagina per realizzare gli obiettivi dell’Associazione?

“L’Associazione è stata ufficializzata in prossimità della stagione estiva, quando tutti siamo particolarmente impegnati. Ma subito dopo abbiamo intenzione di fare un evento ufficiale in cui presenteremo i nuovi associati e specificheremo i nuovi obiettivi, perché abbiamo intenzione di portare la nostra cucina nelle ambasciate del mondo per esaltare la cultura della dieta mediterranea, tutti insieme con le nostre potenzialità perché, lo ripeto, un coro è meglio di un solista. Quanto alle altre attività dell’associazione, puntiamo ovviamente molto sulla formazione. Abbiamo già preso contatti con l’Università di Foggia e anche con altre e con le scuole alberghiere e, se ce lo permetteranno, anche nelle scuole normali vorremmo andare. L’idea è di parlare ai ragazzi di queste tematiche così importanti, attraverso l’educazione civica. I discorsi da affrontare sono tanti, perché educazione alimentare vuol dire anche saper fare le scelte giuste che a catena coinvolgono tutti. Ad esempio, quando si parla di carne siamo tutti molto attenti a scegliere gli allevamenti migliori, ma se parliamo di pesce cerchiamo il pesce pescato e snobbiamo quello allevato. Ma questo non è giusto, perché se riuscissimo a sensibilizzare gli allevatori di pesce a non fare allevamenti intensivi, a usare i mangimi giusti e senza antibiotici, riuscendo però a pagargli il pesce il doppio, avremmo un prodotto di estrema qualità, raggiungendo due obiettivi: mangiare pesce buono e sano, di estrema qualità, facendo guadagnare il giusto all’allevatore. La ‘circolarità’ nella filiera della tavola è fondamentale. Io sono figlio, nipote e pronipote di pescatori, quando ho aperto a Lesina i pesci meno pagati o addirittura invenduti erano le acquatelle e i cefali. Ora posso dire, e mi voglio appendere la medaglia al petto (sorride, ndc), di aver contribuito a ‘spianare’ la strada a questi prodotti che sono arrivati a prezzi ragionevoli. Una cosa come l’anguilla, poi, è addirittura arrivata a prezzi stratosferici. Sono tanti i prodotti che all’inizio sfruttavamo solo in pochi, fra di noi, e che abbiamo valorizzato ed esaltato, perché ne conoscevamo le potenzialità e la qualità. Ecco i buoni frutti di un lavoro oculato. se i nostri allevatori iniziano a fare un prodotto di altissima qualità allora varrà la pena non preferire più acquistare una spigola pescata in un mare magari pieno di uranio impoverito a una allevata con tutti i crismi e sana. Se l’allevatore fa la metà del prodotto ma ben fatto, allora io volentieri glielo pago il doppio, però porto a tavola un pesce di cui posso stare sicuro, dai valori nutrizionali alla tracciabilità alla genuinità”. 

Nell’Associazione riversa dunque valori e principi che già ha consolidato nella sua attività. Qual è stata la chiave del suo successo?

“La chiave della mia attività è ‘la coscienza’: quando porti un piatto a tavola a un avventore, a prescindere dall’importanza del piatto o dai soldi che ti dà, lo devi guardare negli occhi e devi essere fiero di ciò che gli stai offrendo perché sai che non stai millantando. Quel che gli porti può essere una semplice verdura, ma deve essere coltivata in un orto dove non si usano pesticidi, così come un pesce non deve essere congelato. Qualsiasi piatto, anche il più ‘umile’, lo devi servire con la sicurezza che non avrà eguali. Deve essere ‘sincero’ e genuino, il segreto è quello. Quando acquisti e trasformi un qualsiasi prodotto rispettandone la genuinità, e lo fai con passione, tu lo porti a tavola e sai che sarà apprezzato. Io fuori dal mio locale ho un cartello che testualmente recita più o meno: ‘Noi prepariamo tutto al momento, capirete che comporta del tempo. Le nostre paste cuociono in 18 minuti, quindi se avete fretta questa non è la sosta giusta per voi’. Fa parte appunto di quello stile di vita che rappresenta la tavola. E poi, i grandi soldi non li fai ma la soddisfazione di fare apprezzare quello che hai in mente ci deve stare; è il rispetto di noi stessi, della nostra identità. Se hai una certa idea della cucina la rispetti prima tu e poi la fai rispettare agli altri, non si può scendere a compromessi”.

Per tornare alla nostra prima domanda… ogni viaggiatore ha una meta, qual è un grande sogno che vorrebbe realizzare con l’Associazione?

“Non parlo di un sogno da realizzare. Io non mi sono mai posto traguardi, perché raggiunto uno me ne creo un altro più importante. Quindi non voglio mettere obiettivi prestabiliti. Faremo sempre meglio. Non si sa dove arriveremo, ma se saremo coesi e ragioneremo tutti allo stesso modo, come è, allora sarà certamente molto in alto. Il nostro sarà anche una sorta di ‘marchio di qualità’, che poi troverete anche sui prodotti selezionati da noi. Andando nella grande distribuzione, quando troverete il marchio che recita ‘approvato da Chef del Mediterraneo’ potrete procedere ad occhi chiusi”.  

Redazione Agenfood

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Agen Food è la nuova agenzia di stampa, formata da professionisti nel campo dell’informazione e della comunicazione, incentrata esclusivamente su temi relativi al food, all’industria agroalimentare e al suo indotto, all’enogastronomia e al connesso mondo del turismo.

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