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Peppe Zullo fra i fondatori di Chef del Mediterraneo: “Da cuoco contadino dico che il cibo è natura, è cultura, è felicità”

(Agen Food) – Orsara di Puglia (Fg), 25 giu. – di Olga Iembo – Spesso si cerca chissà cosa, chissà dove e invece – per quanto riguarda la tavola di sicuro – le cose buone, belle, genuine, ciascuno le ha proprio sotto casa in ogni angolo di questa Italia, terra ricca di eccellenze e tradizioni che ne fanno grande la storia. Nessuno può testimoniarlo al pari di Peppe Zullo, un’istituzione ad Orsara di Puglia e non solo, che in questa occasione ha parlato ad Agen Food in qualità di membro fondatore dell’Associazione Chef del Mediterraneo, da poco presentata ufficialmente anche in una speciale evento al Senato con il presidente della Commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione agroalimentare, Luca De Carlo.

Peppe Zullo è la prova vivente di quei lunghi e tortuosi percorsi che, fra mille esperienze e mille avventure, finiscono per riportare il viaggiatore alle sue origini, alla sua “casa”, alla sua terra. Esattamente così, Zullo ha girato il mondo, sognatore curioso, intraprendente e desideroso di apprendere e mettersi alla prova, e poi è tornato alla sua Orsara di Puglia, dove la sua maestria si rispecchia nell’essenzialità di un principio che esprime così: “Alimentare le radici, ciò che siamo, significa lavorare sulla ricerca, sulla storia del nostro territorio, dei suoi prodotti, delle sue vocazioni più vere, farle riemergere, nutrirle e dare alimento a uno sviluppo rispettoso delle persone, dell’ambiente in cui tutti viviamo e della nostra storia”.

“Dalla terra alla tavola”, insomma, semplice quanto fondamentale filosofia che sta alla base anche dell’Azienda Agricola di Peppe Zullo, messa in pratica con processi produttivi tracciabili, trasparenti, orientati all’unico obiettivo della qualità, e della valorizzazione di prodotti che coniugano gusto, salute e autenticità. E se nel suo parlare emergono tutte le contaminazioni made in Usa di un Zullo che simpaticamente cita spesso frasi idiomatiche degli americani, nella testa e nel cuore tutto è italianissimo: la bontà sta nel rispetto dell’identità e della genuinità dei cibi, delle materie prime, quelle dell’orto soprattutto, indiscussa passione di un uomo che non a caso si definisce “cuoco contadino” e che si rispecchia alla perfezione nel suo motto: “Simple food for intelligent people”.

Zullo non poteva che essere fra i talentuosi artisti della tavola che hanno dato vita a Chef del Mediterraneo, accomunati dalla grande e amicizia e anche dalla volontà di dare massima dignità ai prodotti, alle tradizioni, allo stile di vita che sono alla base di quella “dieta mediterranea” riconosciuta Patrimonio culturale immateriale dall’UNESCO. Non solo cibo, ma cultura, da valorizzare, diffondere, trasmettere ai più giovani.

Zullo, con Chef del Mediterraneo inizia una nuova avventura che la poterà a “varcare i confini” della sua ben affermata attività. Perché mettersi insieme ad altri per intraprendere questo viaggio?

“Inizio con una frase che amo e riassume ciò che penso: il cibo è natura e cultura. La terra, il rispetto della stagionalità e la cura di ciò che è capace di produrre, sono il lievito naturale di una filosofia senza tempo. Ecco, parte tutto da qui. Ultimamente ho fatto un simpatico intervento gastronomico a Rabat organizzato dalla Farnesina in Ambasciata, e ho parlato proprio di cibo visto in una dimensione diversa e ‘più vasta’ raccontando di questo signore meridionale, Vincenzo Corrado, che nel ‘700 organizzava eventi, era l’antesignano di quel che oggi si chiama event planner, ma era soprattutto appassionato di cucina. Ciò per dire che tante cose sono importanti, l’accoglienza, l’organizzazione, ma in tutte le cose il cibo è però quello che ti rimane, al di là dello story telling di un evento. Che poi, a ben vedere, in effetti anche e soprattutto il cibo è quello che racconta, la sua storia, il suo territorio, l’identità. Oggi c’è tanta confusione in giro, purtroppo c’è un’invasione di culture gastronomiche, molte volte persino i grandi professionisti stellati puntano all’esterofilia, ma così si perdono quelle che sono le radici della nostra terra e della nostra cultura, di ciò che coltiviamo e raccogliamo, di ciò che possiamo portare a tavola dalla nostra terra. Ma la verità è che questo accade anche perché c’è un grosso business sul cibo. Ci viene continuamente proposto di tutto, e tutte cose che vengono ‘da fuori’, ci allontanano dalla nostra tradizione e perdiamo di vista ciò che abbiamo sotto ai nostri piedi: il vero cibo mediterraneo. Difendere ed esaltare le tradizioni e i sapori di questa nostra Italia è proprio il principale obiettivo dell’Associazione. Si tratta di un’idea nata fra amici, perché ci conosciamo un po’ tutti da tanti anni. Siamo accomunati dal fatto che abbiamo scelto la nostra terra per fare ciò che sappiamo fare meglio. Io ad esempio, ho fatto il girovago per tanti anni, sono stato per mezzo mondo a capire cosa facevano gli altri, poi sono tornato, perché qui abbiamo davvero un patrimonio di materie prime, sia dalla terra che dal mare. Ricordo quando circa 20 anni fa io e Domenico Cilenti andammo a Venezia in occasione del Film Festival, si presentava Puglia Film Festival e noi portammo un’idea molto carina: ‘Quando il porto incontra l’orto’, ebbe un successo strepitoso, ricordo il grande Mario Monicelli che si stupiva di questi sapori autentici, ‘non li ricordavo da tanti anni’ diceva… Ecco noi vogliamo ridare dignità al nostro territorio ed a tutti quelli che si affacciano sul Mediterraneo. E lo vogliamo fare tenendo a mente ciò che dice una famosa canzone che tutti conoscono ‘Everybody need somebody’, perché da soli, se non ci mettiamo insieme, dove andiamo?”.

L’Associazione ha obiettivi precisi, esaltare la Dieta Mediterranea e tramandare la cultura e le tradizioni gastronomiche. Sono cose che già ha perseguito nella sua attività? Qual è stata la chiave del suo successo?

“Io non so se posso dire che ho avuto e ho successo. Ma un’altra cosa la so: ho avuto un percorso molto lungo e vario, negli anni ’70 sono stato negli Stati Uniti, a inseguire l’american dream, il sogno americano; Boston, Las Vegas, Los Angeles, Messico, ho viaggiato, ho imparato tanto, ho aperto un ristorante, e alla fine una delle cose importanti che ho fatto mia, e che anche tutti i mei compagni di avventura di Chef del Mediterraneo conoscono di me, è il motto ‘believe to make believe”, credere per far credere. Io per primo devo credere in ciò che propongo agli altri, se non ci credo io come possono crederci loro? Ecco perché dopo tanto peregrinare sono tornato ‘a casa’: ci sono delle cose che ti appartengono, le ‘radici’, qualcosa di cui tu non puoi fare a meno, e solo se hai attorno e vivi ciò in cui credi riesci a farlo credere agli altri. L’amore, la cura e la preoccupazione per il tuo territorio, poi, diventano anche una missione. Ecco, questo è ciò che mi ha sempre caratterizzato: il fatto di privilegiare le grandi materie prime della nostra terra, soprattutto dell’orto per quanto mi riguarda, come il nostro straordinario olio evo, che non deve mai, mai, mai mancare; rispettarle e offrirle per come sono, nella loro semplice infinita bontà, dando libero sfogo alla creatività ma ‘rispettando’ la nostra natura e cultura”.  

Qual è l’importanza di sostenere le attività di filiera locali che rappresentano il territorio in un’attività come la sua ma anche in un progetto più vasto come quello di Chef del Mediterraneo?

“Quando si parla di cucina mediterranea si deve parlare soprattutto di cose prodotte e coltivate in questi luoghi. Devo dire che quando vado negli alberghieri scopro con gioia che i giovani vogliono tornare a dar valore alla terra. Dare importanza alle attività locali è fondamentale: we are what we eating, noi siamo ciò che mangiamo, si dice molto efficacemente. Quando si parla di cucina mediterranea, dieta riconosciuta patrimonio dell’Unesco, sappiamo che facciamo riferimento a qualcosa di altamente salutare, ed allora bisogna rispettarne i canoni partendo ovviamente dalle materie prime, e dal lavoro di chi sul territorio ne rispetta le caratteristiche e le tradizioni. Io punto alla cucina più vegetale, più essenziale, senza eccessi di carne e con materie prime più naturali. La buona tavola non esiste senza le attività di filiera che ci stanno dietro. E torna il solito principio che il ‘circuito’ coinvolge tutti, che da soli non andiamo da nessuna parte, e che il benessere di uno è il benessere di tutti, e l’affermazione di tutti vuol dire esaltazione del territorio”.  

Quali strumenti e iniziative immagina per realizzare gli obiettivi dell’Associazione?

“Sicuramente abbiamo iniziato bene, con anche questa bella presentazione al Senato, e la gente si è subito incuriosita. Ora è anche importante continuare ognuno nel nostro percorso, perché noi siamo i primi ambasciatori del messaggio che vogliamo diffondere. Ma in più abbiamo già cominciato a coinvolgere molti altri, chef, produttori, comunicatori, abbiamo persino già dato delle tessere di soci onorari, come ad esempio al mio amico e ‘fratello’ Pietro Zito, cuoco contadino come me (patron di Orto di Pietro Zito Antichi Sapori Montegrosso, ndc). Ma c’è anche l’amico Felice Sgarra, i ragazzi di Quintessenza, e altri. Insomma noi ci siamo subito ‘aperti’ agli altri e questa è la cosa più importante, anche fuori regione ovviamente. Il cibo è di tutti e per tutti, e tutti noi che lo amiamo e lo esaltiamo dobbiamo collaborare. Dobbiamo contrastare la confusione che ci ha fatto perdere la ‘visione’ del nostro cibo. In tanti anni ho visto che il potere economico è talmente forte che pur di far soldi arriva ad alterare situazioni che già funzionavano da sé. Prima si puntava sul petrolio, poi sull’oro, poi qualcuno si è chiesto ‘qual è il più grande business che possa esistere’ e si è risposto: il cibo. E allora ecco la ‘massificazione’, tutto finalizzato a far soldi, e purtroppo soprattutto i nostri giovani sono stati contaminati, molti non mangiano il ‘cibo reale’ ma quello che ci viene suggerito per far fare soldi alle multinazionali. Noi dobbiamo contrapporci a tutto questo”.   

Per tornare alla nostra prima domanda… ogni viaggiatore ha una meta, qual è un grande sogno che vorrebbe realizzare con l’Associazione?  

“Una delle cose belle che abbiamo subito visto attorno all’Associazione è stato un grande interesse, tanta gente ci sta interpellando per partecipare e capire come promuovere se stessi e il territorio. Il nostro compito è valorizzare ciò che si produce, e allora il sogno è questo, che i nostri luoghi paradisiaci vengano conosciuti da tutti nel loro immenso valore. Ma anche che il cibo torni per tutti come dovrebbe essere: salutisticamente buono, autentico, democratico, reale, elemento essenziale di uno stile di vita. In fondo tutti lo sanno: food is happyness!, se non ti fa felice che mangi a fa!”.

Redazione Agenfood

Redazione Agenfood

Agen Food è la nuova agenzia di stampa, formata da professionisti nel campo dell’informazione e della comunicazione, incentrata esclusivamente su temi relativi al food, all’industria agroalimentare e al suo indotto, all’enogastronomia e al connesso mondo del turismo.

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