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Ciro Di Maio: «nelle mie pizze c’è la storia di Napoli»

Quarti di finale, mondiali di calcio Messico 1986, Inghilterra-Argentina, Diego Armando Maradona salta e, nonostante venti centimetri in meno rispetto al portiere, tocca per primo il pallone, e segna: la “Mano de Dios”, di culto partenopeo e non solo. Ciro Di Maio, il pizzaiolo che l’ha trasformata in una pizza simbolo, ci ha raccontato il rapporto con le sue origini napoletane e il suo impegno nel sociale.

Ciro, com’è nata l’idea della pizza “Mano de Dios”?

È nata un po’ per gioco, ho unito la mia passione per la pizza a quella per il calcio e Maradona, che è un simbolo per tutti i napoletani. La mozzarella sul palmo della mano è come se il mondo stesso fosse capace di esser bloccato dalla Mano de Dios, dalla mano di Maradona che tutti abbiamo amato.

La “Mano de Dios”, come le altre del suo menù, devono essere necessariamente composte da “ingredienti di qualità e più freschi possibile, che devono rispecchiare me e la mia terra”, ci dice Ciro.

Pizzaiolo classe 1990, nel 2015 decide di cercare nuove opportunità trasferendosi in Lombardia. Così è cominciata l’avventura di “San Ciro”, il cui nome omaggia i nonni del pizzaiolo, locale a Brescia noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù alla carta di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio, mozzarella di bufala campana, pomodori, tutto rigorosamente DOP.

Il tuo ristorante Da Ciro, a Brescia, è ormai un punto di riferimento. Quale valore ha, per te, diffondere la tradizione della pizza napoletana?

Per me è importante far capire alle persone che noi serviamo nel piatto una storia di una città. I nostri piatti rappresentano la cultura napoletana anche fuori dalla città.

Qual è il tuo rapporto con la città di Napoli? In che modo le origini hanno influenzato la tua cucina?

Il mio rapporto è sempre vivo perché non ho perso l’accento, parlo napoletano anche con i clienti Bresciani per valorizzare le cose positive di Napoli e della Campania, sicuramente se sono quel che sono è anche grazie alla mia città e alla cultura napoletana che ci portiamo dentro.

Oltre al lavoro in carcere per formare i detenuti a diventare pizzaioli, Ciro si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L’istituto che ha accolto il suo progetto è stato l’Istituto alberghiero D’Este Caracciolo, ha portato a termine delle lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.

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Giulia Ippolito

Agenfood
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