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Tribuna Campitelli: apre nel cuore di Roma il nuovo salotto della ristorazione

(Agen Food) – Roma, 13 nov. – Roma, cuore antico di memorie millenarie, respira oggi una nuova promessa di qualità nel Rione Campitelli, territorio simbolo dove la storia ha scritto le sue pagine più nobili tra il Campidoglio e il Palatino. È qui che tre amici cresciuti nella ristorazione romana hanno scelto di scrivere un nuovo capitolo della ristorazione capitolina.

Francesco Brandini e Roberto Bonifazi, chef entrambi classe 1992, e Daniele Gizzi, maître e sommelier del 1989, si conoscono da sempre. La loro amicizia, nata tra i banchi di scuola e cementata nelle cucine e nelle sale dei ristoranti romani, è cresciuta alimentandosi di un sogno comune: restituire al centro di Roma qualità autentica, cura artigianale e umanità. Dopo anni di gavetta e di esperienze formative in giro per l’Europa, hanno trasformato una promessa reciproca in un ecosistema che, da Bottega Tredici (2018) e dal Tartarughe Bar e Bottega (2023), approda oggi a Tribuna Campitelli, il loro progetto più maturo.

I tre soci hanno accolto la sfida più ambiziosa: aprire un ristorante in un palazzo storico del 1585, nel quadrante più centrale della Capitale. Qui hanno costruito un salotto contemporaneo dove ogni dettaglio promette coerenza tra ciò che si vede e ciò che si vive, dove il classicismo e la memoria dialogano con l’eleganza. Roma è omaggiata nelle sale intime e privatizzabili, nel cannettato che richiama le colonne doriche, negli archi evidenziati, nel travertino della fontana interna e nella graniglia che scalda il passo, componendo un lessico neoclassico moderno che prosegue anche nel piatto. All’ingresso, il bancone–manifesto con l’imponente bottigliera dichiara l’anima champagneria e il dialogo con la strada; dietro, la cantina a vista e la corte riportano l’attenzione alla materia prima e alla misura del tempo. La loro storia si ritrova in un metodo di “apprendimento per assaggio” che ha alimentato relazioni, standard e gusto, fino a un’idea di economia circolare che tiene insieme filiera, prodotto e centralizzazione intelligente dei processi, con una visione ben precisa che si è già concretizzata nell’etichetta di vini Cantina Tredici, prodotta dai tre soci. Così Tribuna Campitelli diventa un gesto di restituzione a Roma: un luogo dove l’ambizione è cultura del fare, la passione è misura operativa e il racconto della città entra in sala per restare.

Aperto ufficialmente a settembre 2025, Tribuna Campitelli nasce come sintesi coerente di tradizione e contemporaneità, con circa 80 coperti tra il dehor sulla piazzetta e l’interno, dove si aprono piccole sale pensate per garantire intimità e un servizio sartoriale. Il progetto di interior dello spazio è firmato da Square Architects e si inserisce nel tessuto del Rione Campitelli, trasformando vincoli storici in un racconto d’insieme che unisce estetica, funzione e un forte impianto narrativo. Tribuna Campitelli è l’evoluzione matura dell’ecosistema dei tre soci, che coniuga cucina contemporanea, cocktail e distillati serviti al tavolo, una carta vini importante (composta da 500 referenze, di cui 60 solo di champagne) e sale privatizzabili in un “salotto” contemporaneo dal carattere internazionale. La promessa al pubblico è di una coerenza completa: ciò che l’esterno lascia intuire si ritrova nei piatti, nei drink e nel servizio, puntando su comfort e cura del dettaglio. 

Cucina e piatti

La cucina di Tribuna Campitelli nasce dal dialogo tra classico e contemporaneo: la memoria del gusto romano e mediterraneo si intreccia con tecniche attuali, calibrature millimetriche e una cura quasi architettonica delle consistenze, in risonanza con il lessico degli interni. Il risultato è una grammatica di precisione e misura: salse alleggerite, cotture a bassa temperatura, emulsioni “pulite”, impasti e riduzioni pensati per esaltare la materia e restituirla riconoscibile, ma con profondità e comfort contemporanei. Il benvenuto in tavola racconta la centralità della panificazione in casa: pane integrale ai semi con lievito madre, grissini al Grana e pepe, e “burrolio”, un’emulsione di burro di cacao e olio extravergine che accompagna una gestualità intramontabile con un tocco di originalità. Un’apertura del sipario è sancita con la selezione di ostriche, curata per provenienze e profili gustativi complementari, che dà il via all’esperienza con un gesto essenziale e insieme “di scena”: una lettura contemporanea del crudo, pensata tanto per l’aperitivo con Champagne quanto per l’avvio della cena.

Inizia così il viaggio che conduce alla scoperta di ogni piatto: lo spaghettone alle vongole condensa il mare in una mantecatura ottenuta con la stessa “crema di pasta”, preparata stracuocendo la pasta in ristretto di acqua di vongole, poi frullata e profumata al limone, con tre tipologie di vongole che conferiscono giochi di consistenza e intensità.  La mezza manica “Mancini” alla carbonara affina la memoria storica della tavola romana con un mix di sei pepi, guanciale cotto lentamente al forno e pecorino salato a mano stagionato oltre 20 mesi.  Il raviolone di San Domenico custodisce un tuorlo fondente, burro nocciola e una spuma di grana che ne amplifica l’ariosità senza tradirne il carattere.  La calamarata di gamberi alterna cotture e temperature (bisque intensa, gamberi saltati e crudi), chiudendo con un velo di lardo e un pesto di erbe e peperoncino per un equilibrio tra sapidità, grassezza e freschezza.  Tra i secondi, l’astice lavora sul doppio registro: corpo cotto a bassa temperatura e ripassato al burro francese con bernese al limone montata al sifone, chele in insalata con quinoa pilaf, anacardi e bisque. La faraona alla cacciatora è alleggerita e “rinfrescata” da una crema di zucchine alla scapece che introduce acidità controllata, mentre il filetto di manzo, cotto sottovuoto e rifinito in padella, riposa su battuto di patate arrosto con salsa al vino rosso e pepe di Sichuan.  In chiusura, i dessert proseguono la stessa linea di nitidezza: il tiramisù monoporzione, con biscotto croccante al caffè, savoiardo fatto in casa e mousse al mascarpone, mette in forma moderna un gusto dichiaratamente classico; mentre il dessert banana, cioccolato, arachidi e caramello salato si presenta come con un dolce scomposto che lavora su stratificazioni, temperature e consistenze: la base di bavarese alle arachidi, sormontata da spugna al cioccolato e cialde di fondente 80%, custodisce il gelato alla banana e le banane sciroppate, con punti di caramello salato che tra dolcezza e sapidità amplificano la profondità del piatto.

Cocktail bar, champagneria e aperitivo 

L’aperitivo è l’altra metà del racconto, un momento autonomo che introduce al salotto di Tribuna Campitelli dal bancone–manifesto: la bottigliera scenografica e l’anima champagneria dichiarano già all’ingresso un’idea di convivialità colta, in dialogo con la strada e con le sale interne.  La drink list intreccia i grandi classici eseguiti con rigore – dallo Spritz al Bellini, dal Garibaldi all’Americano e al Margarita – e una sezione Martini che spazia dal Dry al Dirty, dal Vodka Martini all’Espresso Martini, mantenendo uno stile pulito e misurato nella costruzione aromatica.  Chi desidera approfondire trova i percorsi “Martini Experience” e “Negroni Session”, pensati per raccontare diluizione, temperature e rapporto tra spiriti e vermouth/bitter, con una progressione sensoriale coerente col pairing.  Le proposte signature raccolte sotto “Campitelli Segreta”, tra cui Il Capizucchi, Santa Maria e Il Fontanone, legano il bicchiere al genius loci romano, costruendo un lessico di sapori riconoscibile e contemporaneo. In accompagnamento, l’aperitivo alterna gesti essenziali e materia prima al centro: la tartina con burro montato e caviale Prunier in un sol boccone, il Pata Negra con pane tostato e tomate, il pinzimonio di verdure baby, il fritto di verdure in panatura panko per una croccantezza asciutta, servito con salsa di capperi, limone e peperoncino, fino al pan brioche tostato con acciughe, burro ed erbe.  Non mancano gli iconici anni ’80-’90 riletti con misura, come per il cocktail di gamberi rifinito da una sottile gelatina al brandy. La selezione di Champagne, con 60 etichette che coprono tutte le cinque aree di produzione francese, è messa in scena tra il bancone e la parete cantina che delimita la sala Lavinia a completamento dell’esperienza sia visiva che gustativa, ribadendo il ruolo dell’aperitivo come prologo naturale della cena o come destinazione in sé, con servizio al tavolo che porta il bar nella ritualità di sala. 

Location e progetto architettonico

Il ristorante Tribuna Campitelli sorge nel Rione da cui prende il nome, all’interno di uno storico palazzo del 1585, con la conformazione originaria rispettata e valorizzata in un susseguirsi di ambienti raccolti. Dopo un anno di iter autorizzativi e un anno di lavori, il locale ha aperto al pubblico a settembre 2025 in via della Tribuna di Campitelli, 18. Il concept, ideato dallo studio Square Architects in strettissima collaborazione con i tre proprietari, fonde opposti – tradizione/innovazione, storia/contemporaneità – generando un ambiente in cui ogni polarità trova il proprio contrappunto. Un accurato strip out ha liberato gli interni, con cucina e servizi ricollocati nella parte retrostante e un percorso ritmico che alterna spazi introversi e prospettive aperte. L’ingresso è segnato da una porta monolitica in vetro che introduce alla zona cocktail bar. Una vineria bifacciale introduce la prima sala più raccolta e cromaticamente avvolgente (sala Lavinia); il percorso centrale, enfatizzato a pavimento, crea un effetto “cannocchiale” verso le sale successive (Tribuna e Capitolina), con doppio affaccio su strada e corte. La corte interna, che si apre nella sala Capitolina, è un’oasi urbana con fontana originale recuperata e rimessa in funzione, un salottino esterno e angoli di verde, sullo sfondo delle aree di cucina, a vista. Materiali e finiture includono gres Ariostea Arlecchino Natural Plus e La Faenza CottoFaenz, superfici Porcelanosa nei servizi, cornici Orac, tinte Sikkens, illuminazione su binari con corpi luce 3000 K e arredi realizzati su disegno custom made Emerson.

Le sale principali sono tre, Lavinia, Tribuna e Capitolina, con il bar inteso come quarta sala funzionale al racconto d’ingresso. Lavinia è valorizzata da una parete-cantina a vista che dichiara l’anima enologica della casa, la vineria bifacciale funge da cerniera narrativa fra le sale, mentre il percorso di luce e materia accompagna il pubblico in una progressione che culmina nella corte interna con fontana che trova spazio nella sala Capitolina, completamente privatizzabile e con un ampio tavolo imperiale. La palette di colori privilegia un verde intenso scaldato da superfici dal tono “cotto” e graniglia veneziana; cannettato, archi e cornici che si ripetono in diversi ambienti, reinterpretano colonne doriche, arcate e boiserie con un lessico neoclassico moderno. Il bancone bar all’ingresso è il biglietto da visita di Tribuna Campitelli: una bottigliera scenografica di circa 4 metri d’altezza per 6 di larghezza con due colonne frigo, studiata per un impatto dalla strada e per dichiarare la vocazione champagneria. Ottone graffiato, specchiature bronzate e LED frontali restituiscono profondità e leggibilità delle etichette, in dialogo con l’esterno anticato del palazzo. Il progetto privilegia fruibilità, comfort del personale e controllo tecnico degli spazi, a beneficio della precisione di servizio.

La squadra 

Francesco Brandini è lo sguardo culinario che nasce in sala e si compie in cucina: formato al liceo classico, si innamora dei fornelli dopo i primi servizi in pizzeria e trova a Casa Coppelle la scuola dove qualità e ritmo produttivo convivono; al Margutta sviluppa sensibilità sul vegetale, a Formentera misura la gestione di volumi stagionali e all’Aman di Venezia consolida misura, disciplina e standard di hôtellerie. Quel passaggio da “fronte sala” a “pass” gli ha dato un’ossessione per la chiarezza del gusto e per la coerenza fra estetica e funzionalità che oggi definisce la sua regia di cucina. Daniele Gizzi è la regia della sala e del beverage, il tessitore di relazioni e metodo: nasce cameriere e cresce maître-sommelier, costruendo uno sguardo enciclopedico sulla scena romana fatta di bar, trattorie e fine dining, con un “apprendimento per assaggio” che diventa disciplina professionale. La sua forza è unire accoglienza, struttura di servizio e visione di carta vini e cocktail, orientando il gruppo verso fidelizzazione e qualità accessibile, senza rinunciare alla misura del dettaglio. Roberto Bonifazi porta in dote la sapienza di chi è cresciuto in campagna e, da una posizione privilegiata a contatto con la natura, ha imparato a conoscere e amare la terra e le materie prime. La sua traiettoria in cucina alterna esperienze importanti e formative: Casa Coppelle come palestra, un passaggio all’Eden che lo tempra, il ritorno a Casa Coppelle per mettere a frutto quanto imparato, poi Perugia all’Officina con Ada Stefani a testimoniare che rigore e calore possono convivere. La sua cucina tiene insieme memoria di ingredienti e tecnica contemporanea, con una particolare sensibilità per i fondi, le salse e le cotture a bassa temperatura. 

Nel 2018 le tre traiettorie si innestano in Bottega Tredici, casa della tradizione romana e della filiera laziale che attraversa la pandemia e, nel 2022, diventa base per una crescita strutturata. Da qui prendono forma Tartarughe Bar e Bottega (2023) e l’idea di un’economia circolare che centralizzi processi e valorizzi rapporti con i produttori, fino a Cantina Tredici: il progetto vitivinicolo del gruppo, che esordisce con un rosso da Gambellara, propone un Pinot Nero e prevede un bianco da Garganega. L’etichetta mette in scena il “tre” come gesto fondativo, simbolo di un patto che oggi si ritrova in Tribuna Campitelli, nel palazzo del 1585 in via della Tribuna di Campitelli, 18: un “salotto” contemporaneo dove classicità e modernità dialogano nei piatti, nei drink e nel servizio, con Roma come orizzonte culturale e quotidiano di riferimento. 

Nel nuovo ristorante del centro, i tre proprietari e soci sono coadiuvati in sala dal restaurant manager Gianluca Franceschini, che con sguardo sempre attento, garbo e un’esperienza che gli consente di anticipare ogni esigenza, accompagna i commensali nel percorso e dirige “l’orchestra” di Tribuna Campitelli. 

Redazione Agenfood

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