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Sessant’anni di Agriturist, il presidente Congionti: “Agriturismo italiano modello unico al mondo”
(Agen Food) – Roma, 03 dic. – di Giulia Ippolito – Sessant’anni fa nasceva Agriturist, la prima associazione italiana dedicata all’agriturismo, fondata in Confagricoltura nel 1965. In sei decenni il settore è passato da realtà pionieristica a pilastro del turismo rurale: oggi gli agriturismi italiani sono oltre 26.000, generano quasi 2 miliardi di euro l’anno e rappresentano un modello riconosciuto nel mondo per qualità, autenticità e sostenibilità.
Oggi più che mai, in un contesto in cui il turismo rurale continua a crescere a ritmi sostenuti, l’agriturismo si conferma presidio economico, sociale e ambientale dei territori, dalle aree collinari a quelle montane, dove in alcune Regioni oltre l’80% delle aziende agricole svolge anche attività agrituristica.
In questo scenario, Agriturist celebra il proprio anniversario facendo il punto su opportunità, criticità e trasformazioni in atto. Agen Food lo fa con il presidente Augusto Congionti, che guida l’associazione nazionale in un momento di forte domanda e di altrettanto forti sfide: dalla burocrazia alle nuove esigenze del turismo esperienziale, dalla digitalizzazione fino al ruolo crescente dell’agricoltore come custode del paesaggio e promotore culturale.

Sessant’anni di Agriturist coincidono con una crescita senza precedenti del turismo rurale. Qual è il dato che, secondo lei, racconta meglio lo stato di salute del settore oggi?
“Sicuramente l’agriturismo è ormai una realtà consolidata e strategica nell’offerta turistica nazionale. Dalla sua nascita da Confagricoltura del 1965, la parola “agriturismo” ha assunto significati impensabili, il settore ha saputo rinnovarsi e crescere, puntando su qualità, autenticità e servizi. Non esiste al mondo un’attività di turismo in campagna così articolata come numero, qualità e quantità di servizi offerti. Un dato molto significativo è la capillarità: l’83% dei comuni italiani ha almeno un agriturismo e in alcune regioni si arriva addirittura al 90%. Inoltre, l’84% delle aziende agrituristiche è posizionato in aree collinari o montane, il che le rende un presidio essenziale nei territori più difficili.
Un punto fondamentale sono le aziende che offrono anche ristorazione interna: grazie alla materia prima variegata spesso coltivata direttamente in azienda, si valorizzano i prodotti del territorio e si costruisce un racconto gastronomico unico, che rappresenta uno dei punti di forza dell’agriturismo italiano”.
Chiede da tempo una semplificazione normativa: quali sono i passaggi burocratici che incidono maggiormente sulla competitività degli agriturismi?
“La burocrazia resta un freno pesante: esiste una legge nazionale, ma la sua applicazione è rimessa alle singole Regioni, con normative non omogenee e interpretazioni diverse. Questo crea incertezze e rallentamenti. Un esempio concreto sono le limitazioni sui posti letto e sui posti tavola, che impediscono alle aziende più grandi di sfruttare gli spazi disponibili e rendono difficile la creazione di strutture più articolate: una limitazione che, di fatto, non ha ragione di esistere e rappresenta un ostacolo all’imprenditorialità. Va inoltre sottolineata la questione della commercializzazione delle materie prime: la vendita diretta e la trasformazione dei prodotti in azienda dovrebbero essere il fiore all’occhiello dell’agriturismo, ma in alcune Regioni permangono limiti stringenti che complicano la gestione e la valorizzazione delle produzioni locali. Serve dunque più uniformità e una reale semplificazione per permettere alle imprese di esprimere appieno il loro potenziale”.
Tra smart working, servizi digitali e nuove forme di ospitalità, come sta cambiando l’identikit dell’agriturismo e quali competenze servono per restare attrattivi?
“In tutti questi anni c’è stata grande attenzione verso attività legate allo sport, al benessere e alla fruizione del territorio. Soprattutto nel post Covid, abbiamo visto una grande diffusione delle attività all’aria aperta e un aumento della richiesta di più spazio e più natura. Se prendiamo, ad esempio, l’ambiente boschivo italiano, con i suoi dodici milioni di ettari, vediamo l’amplificarsi di tutta una serie di attività che non comprendono solo la camminata, ma la riscoperta dei beni storici, i pellegrinaggi religiosi. Poi abbiamo un grande sviluppo di settori come cicloturismo e ippoturismo. L’agriturismo è un punto di riferimento per tutte queste attività. Le aziende agrituristiche nei prossimi anni si troveranno sempre di più a rispondere alle esigenze del turista moderno, che si muovono su tre direttrici: la prima è la bellezza dei paesaggi rurali e gli spazi aperti; la seconda è l’interesse per l’enogastronomia: l’uso di materie prime uniche prodotte in azienda preserva la biodiversità e consente di offrire piatti ed esperienze autentiche che restano nella memoria del turista. La terza è il contatto con le comunità locali: il turista ricerca relazioni autentiche con chi vive quei luoghi. Si parla tanto di overturism, che colpisce circa il 4% del territorio italiano: la risposta sta nel diffondere il turismo anche nel restante 86%, valorizzando il nostro patrimonio infinito. In questo processo le aziende agricole ed agrituristiche saranno protagoniste”.
