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Barmaz, Presidente del Consorzio Fontina Dop: “Agricoltura sostenibile garantita dai prodotti IG. Ecco quali sono i veri problemi…”

(Agen Food) – Aosta, 01 mar. – di Olga Iembo – Particolarmente gustoso, digeribile, con un profumo e una scioglievolezza unici, e una grande versatilità dato che si presta ad essere consumato direttamente a tavola, ma anche ad essere utilizzato in cucina per preparare piatti gourmet. Uno degli aspetti per cui è più famoso e apprezzato è la sua attitudine a fondere, non è un caso se la Fontina rientra fra i 26 formaggi migliori al mondo.

Come molti gioielli del settore lattiero caseario – primo alimentare italiano che rappresenta da solo più del 12% del fatturato complessivo del food nazionale -, anche la Fontina ha una storia antica. I primi cenni in letteratura a questo piacevole formaggio valdostano risalgono al 1270, ma le sue origini sono ancora più remote, tramandate di generazione in generazione.

La prima classificazione ufficiale arriva nel 1887, quando la Fontina viene citata con le sue caratteristiche nell’annuario della Stazione Sperimentale del caseificio di Lodi nel capitolo: “Le Fontine di Val d’Aosta”. Da allora, secolo dopo secolo, la Fontina ha conservato la sua identità, le cui radici affondano nell’antica pratica che consiste nella monticazione delle vacche lattifere in alpeggio. D’estate, i bovini vengono condotti a pascolare in montagna per trovare la frescura delle vette, l’acqua pura e il profumo delle erbe, condizioni ideali per la produzione di un latte che ha una qualità superiore e di un formaggio dall’aroma e dal sapore speciali, e dalle qualità preziose, concentrato di componenti del latte, tranne il lattosio che è pressoché assente, alimento completo a basso contenuto di colesterolo, che garantisce un prezioso apporto di minerali e vitamine.

La Fontina è il frutto dell’operosa combinazione di attività, perché l’alpeggio, in altura, necessita del competente contributo di tanti: accanto al pastore ci sono l’aiuto pastore, il casaro – che gestisce la produzione della Fontina DOP – e gli stagionatori, che si occupano della salatura. C’è poi chi si occupa dell’irrigazione e della manutenzione dei ruscelli, della pulizia delle stalle, del trasporto di viveri e materiale vario e della mungitura, che viene effettuata due volte al giorno. Un delicato ingranaggio che vive in equilibrio con il suo ecosistema, dove ciascuna di queste figure vive nella profonda conoscenza e nel rispetto di regole e ritmi condivisi, con notevoli sacrifici. Infatti, nonostante l’automazione sia ormai diffusa in ambito caseario, la Fontina DOP prodotta in alpeggio si basa ancora su moltissime lavorazioni manuali, che rendono in prodotto ancora più prezioso, pregiato e raro, frutto del duro lavoro di pastori e casari che lavorano rispettando l’antica tradizione valdostana.

Un lavoro tutelato e sostenuto dall’organismo che si è sviluppato nel corso degli anni: l’iniziale Consorzio che unisce i produttori di Fontina venne costituito nel 1952, diventando poi Consorzio Produttori e Tutela della DOP Fontina a partire dal 2002. In seguito, il Decreto Ministeriale del 26 giugno 1957 affidò al Consorzio l’incarico di vigilanza sulla produzione e sul commercio del formaggio per il quale è consentito l’uso della denominazione di origine Fontina. Quarantuno anni esatti dopo l’ottenimento della Denominazione di Origine, nel 1996 la Commissione Europea concesse alla Fontina la Denominazione di Origine Protetta (DOP). Il 26 aprile 2002, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali riconobbe il Consorzio Produttori e Tutela della DOP Fontina.

E oggi è Andrea Barmaz, Presidente del Consorzio Fontina Dop, a raccontare di questa preziosa realtà ad Agen Food.

Presidente, guida un Consorzio con 160 associati che produce quello che è riconosciuto come uno dei 26 formaggi migliori al mondo, ci fornisce qualche altro numero, sull’occupazione, sulla produzione, sulle esportazioni? Quali i paesi dove esportate di più, quali le nuove mete a cui puntate?

“Nel 2023 sono state prodotte in totale 360.000 forme di Fontina Dop per un valore al consumo di oltre 50 milioni di euro. La produzione di ‘Fontina DOP Alpeggio’ raggiunge il 16,7% del totale pari a 60.400 forme. In generale, c’è stato un leggero calo produttivo rispetto all’anno precedente, ma è anche vero che il dato è in crescita rispetto agli anni pre-covid e che abbiamo registrato un aumento a valore grazie anche a un riposizionamento della produzione d’alpeggio che, per le condizioni non facili in cui avviene, merita il giusto riconoscimento. Ultimamente stiamo assistendo a fluttuazioni dovute a diversi fattori come la congiuntura internazionale e il cambiamento climatico. Due variabili che hanno ripercussioni anche su una produzione non tanto grande come la nostra. Per quanto riguarda l’export, circa il 10% della produzione di Fontina Dop varca i confini nazionali per un valore di circa 6 milioni di euro. Un terzo delle nostre esportazioni si concentra sul mercato americano”.

Italian sounding e contraffazione, fenomeni che colpiscono pesantemente la nostra economia. Quanto vi danneggiano e come difendersi?

“E’ molto complesso stimare l’incidenza dell’Italian Sounding sui prodotti certificati perchè non siamo a conoscenza delle casistiche a livello mondiale. Tuttavia proprio nel mercato USA l’Italian Sounding di Fontina è quantificabile in diverse decine di milioni di dollari. Per gli americani se un formaggio tende a fondere è una fontina, se non si scioglie è un duro, un Parmesan. Sul territorio statunitense non esiste la tutela legale del nome dei nostri prodotti, ma solo del marchio grafico. In questi anni, tuttavia, l’Ue sta portando avanti accordi bilaterali con Paesi extra Ue per avere una maggiore tutela dei prodotti con denominazioni di origine e questo va a vantaggio anche dei consumatori di quei Paesi che dovrebbero essere correttamente informati sull’origine del prodotto che stanno acquistando. Una ‘fontina’ prodotta in Wisconsin non dovrebbe presentare nomi italiani, bandiere italiane o qualsiasi altro richiamo all’italianità”.

Parliamo di ricambio generazionale. Molti lo indicano come un problema del settore, è così?

“Purtroppo il problema del ricambio generazionale è molto sentito anche in una realtà di montagna come la nostra, caratterizzata da piccole aziende e microaziende a conduzione famigliare. Nelle zone più marginali si trovano aziende di allevamento molto piccole, con al max qualche decina di capi, dove la manodopera è interamente famigliare e molto spesso il titolare svolge una seconda attività lavorativa oltre all’allevamento. Queste aziende continuano la loro attività legata alla tradizione famigliare ed al mantenimento di superfici agricole di proprietà, purtroppo il ricambio generazionale in questi casi risulta ridotto rispetto ad aziende più strutturate, in quanto la ridotta dimensione aziendale non permette un reddito famigliare sufficiente e necessita di integrazione con altre attività lavorative esterne all’azienda, la bassa redditività di queste realtà ne riduce l’appeal verso le nuove generazioni”.

Altro tema di stretta attualità è la sostenibilità. Come è affrontato dal Consorzio e come valutate impostazioni e norme che vengono dall’Europa?

“Il prodotto Dop è fatto ancora rispettando in gran parte i metodi artigianali di una volta e con regole più strette, sancite da un disciplinare, rispetto alle produzioni industriale di un formaggio non regolamentato. L’acquisto di un qualsiasi prodotto Dop garantisce al consumatore che sta attingendo a una filiera interamente italiana. Nel caso della Fontina Dop gli allevamenti, la materia prima, i caseifici, la stagionatura, tutto avviene in Valle d’Aosta mantenendo qui aziende, attività, valore economico e garantendo dunque una sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica e sociale. I prodotti a indicazione geografica, che consentono di limitare l’abbandono delle zone rurali italiane, garantiscono un’agricoltura sostenibile, anche economicamente, per i produttori”.

Le attuali crisi geopolitiche stanno creando enormi difficoltà, in particolare la situazione nel Mar Rosso, e le previsioni per il 2024 lasciano presagire un calo dei consumi. Quali problemi vi crea tutto questo? Ci dice se e come son o aumentati i prezzi se prevede che aumenteranno in futuro?

“Questo è difficile da prevedere. Come dicevo all’inizio stiamo assistendo a fluttuazioni dovute a diversi fattori come la congiuntura internazionale e il cambiamento climatico. La nostra produzione avviene nel territorio della Valle d’Aosta che è la regione più piccola d’Italia, in un ecosistema delicato e in condizioni naturali non facili per i nostri casari. Di questo bisogna tenere conto. Il piccolo produttore di alpeggio, la piccola azienda, molto spesso si trova a dover affrontare costi di produzione più elevati rispetto ad aziende più grandi e strutturate. Il recente riconoscimento delle tipologie FONTINA DOP ALPEGGIO e FONTINA DOP LUNA STAGIONATURA ci permettono di valorizzare meglio il prodotto di piccole realtà produttive e di far avere loro la giusta remunerazione”.

E’ da poco finita la terza edizione di “FontinaMi”, un evento speciale promosso dal Consorzio. Come sono andate le precedenti edizioni e quali aspettative avete per il 2024?

“E’ un evento iniziato nel 2022 quando, dopo le chiusure dovute alla pandemia, si ricominciava a frequentare i ristoranti. Da allora l’evento è cresciuto, in durata e per numero di ristoranti coinvolti, e di anno in anno è aumentato sempre più il riscontro da parte della clientela dei locali e da parte dei ristoratori stessi. Quest’ultima edizione è andata benissimo. Non ho ancora numeri precisi ma il feedback dei ristoratori è stato molto positivo. Molti clienti ritornavano per poter assaggiare tutti i piatti a base di Fontina Dop Alpeggio inseriti in menu. Da parte nostra è stato interessante vedere come grandi chef milanesi, abituati ad una clientela internazionale e esigente, hanno interpretato il nostro prodotto. Qualcuno ha omaggiato la tradizione, mentre altri si sono cimentati in piatti più creativi e arditi. Questo progetto si inserisce in un piano di valorizzazione della DOP Fontina che sta contribuendo a far conoscere le proprietà del nostro prodotto in maniera corretta e ad un pubblico più ampio possibile”.

Redazione Agenfood

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