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Stecca: il sogno condiviso di due grandi cuochi prende vita a Garbatella
(Agen Food) – Roma, 13 ott. – A Garbatella apre Stecca, il nuovo spazio ideato da Flavio De Maio, cuoco e patron di Flavio al Velavevodetto (Roma), e Franco Franciosi, cuoco e patron di Mammaròssa (Avezzano). Nato da un’amicizia profonda, Stecca si propone come laboratorio multisensoriale in cui il gusto incontra il suono, il vino dialoga con la parola e ogni esperienza diventa occasione di incontro e connessione.
IL PROGETTO
Stecca nasce da un’amicizia profonda: quella tra Flavio De Maio e Franco Franciosi. Due percorsi distinti, due vite che hanno trovato nella cucina un approdo consapevole e totalizzante, scoperto per entrambi in età adulta. Franco arriva dal mondo dell’architettura e della grafica, Flavio da una lunga esperienza nell’informatica.
Un lungo viaggio condiviso nel Sud Italia, tra territori, persone e prodotti, ha dato forma a un sogno: creare un luogo in cui mondi diversi si intrecciano, dando vita a nuove esperienze condivise e autentiche. Stecca diventa così uno spazio di connessione e relazione, dove cibo, vino, musica e parole si collegano tra loro e con gli ospiti creando infiniti circuiti di scambio. A questo sogno prendono parte anche Daniela Franciosi sorella di Franco e Marco Andreini, socio storico di Flavio De Maio.
Da questo orizzonte nasce anche il nome del progetto: Stecca, espressione romana che significa condivisione “in parti uguali”. “Ce lo stecchiamo” non si limita a descrivere la divisione, ma racconta la condivisione piena e paritaria di un’esperienza. Non un semplice dettaglio linguistico, ma l’essenza più vera di ciò che Flavio e Franco hanno immaginato e scelto di vivere e far vivere.

IL RUOLO DI GARBATELLA
Scegliere il rione romano Garbatella non è stato casuale. È qui che Stecca trova la sua collocazione naturale: in un quartiere che fa della socialità un valore fondativo e che incarna l’idea stessa di condivisione, la stessa da cui il progetto è nato.
Nata nel 1920 come città-giardino destinata agli operai dell’Ostiense, Garbatella è un unicum urbanistico e sociale: un quartiere progettato per favorire la vita collettiva, con cortili, piazze interne e lotti capaci di trasformarsi in luoghi di relazione quotidiana. Non è solo architettura, è una filosofia: creare spazi che favoriscano lo scambio, la vicinanza, la comunità.
“A Garbatella abbiamo ritrovato lo stesso spirito che ci ha guidati in tutto il progetto: il valore della condivisione e della collettività ” – racconta Flavio De Maio, che proprio qui è cresciuto. “È il quartiere della mia infanzia, e far nascere Stecca qui significa intrecciare la mia storia personale con quella del luogo, restituendo qualcosa a una comunità che mi ha formato.”
LO SPAZIO
Lo spazio porta la firma di Franco Franciosi. L’ispirazione nasce dalla passione di Franco per i grandi designer degli anni ’50 e ’60 – Arne Jacobsen, Charles Eames, Le Corbusier – e si traduce in uno spazio dal carattere essenziale e luminoso.
La palette gioca sui toni del bianco e del legno naturale, con linee pulite. La sala principale accoglie 24 coperti con sedie in rovere naturale e un bancone dal design vibrante, che richiama i cubi di Le Corbusier e contiene elementi del sistema audio. Gli otto sgabelli sono un omaggio agli arredi utilizzati dagli architetti negli anni ’50-’60 per lavorare al tecnigrafo, a sottolineare il legame del progetto con il mondo della creatività.
Il soffitto diventa elemento tecnico, architettonico e simbolico: trae ispirazione dai quadri di Hopper e rievoca la copertura delle stazioni di servizio assumendo una doppia valenza: senso di protezione per chi siede e alloggiamento dei sistemi fonoassorbenti. Dai lati parte un’illuminazione diffusa e dimmerabile, mentre dal pannello centrale scendono luci puntuali che esaltano i dettagli della sala.
Il pavimento è frutto di uno studio attento sulla memoria del quartiere: non una semplice riproduzione dei pavimenti storici, ma un’interpretazione contemporanea della graniglia, che ne riprende l’anima e l’attualizza con un linguaggio coerente e personale.
IL SISTEMA AUDIO
A Stecca la musica non è un sottofondo, ma un linguaggio parallelo al gusto, capace di stimolare la condivisione, aprire spazi di scoperta e amplificare l’esperienza sensoriale.
Da questa visione nasce l’idea di un impianto audio progettato su misura, concepito come uno strumento musicale vero e proprio.
Il sistema porta la firma di Rodolfo Angelosante, che si è ispirato ai leggendari Jazz Kissa giapponesi, luoghi iconici dove l’ascolto diventa un’esperienza immersiva. Il suono a Stecca prende forma e dialoga con lo spazio: tecnologia e design si intrecciano per creare ambienti sonori capaci di suscitare emozione, costruire identità e favorire coinvolgimento. Non si tratta di musica riprodotta, ma di esperienze di ascolto che avvolgono e partecipano all’atmosfera del locale.
L’impianto si basa su diffusori artigianali giapponesi, selezionati per la loro eccellenza timbrica e musicale:
Onken per le frequenze basse e medio-basse, con un suono articolato e profondo;
Iwata horn per le frequenze medie, capaci di restituire definizione, naturalezza e presenza;
Tweeter horn magnetostatici per le frequenze alte, trasparenti, dinamici e ariosi.
Il sistema opera in tri-amplificazione, con amplificatori Lazzari in classe A ad alta corrente, garantendo dinamica e micro-dettaglio. Il filtraggio è affidato a un crossover attivo Pioneer, mentre la sorgente digitale passa attraverso il raffinato DAC Yamamura Crawley, che conferisce al suono trasparenza, equilibrio e naturalezza.
In questo contesto, il bancone e la sala diventano palcoscenico e cassa armonica: ogni stappo e ogni proposta culinaria esclusiva si fondono con le sonorità che avvolgono lo spazio. La musica diventa così un ingrediente vivo della convivialità: a Stecca ascoltare e gustare non sono due esperienze separate, ma un unico percorso immersivo che si completa reciprocamente.
LA CUCINA
La cucina di Stecca sarà un vero incubatore di esperienze, un luogo dove i percorsi di Flavio De Maio e Franco Franciosi si intrecciano per dare vita a un nuovo linguaggio gastronomico, autentico e in continua evoluzione.
Non una semplice somma di visioni, ma un laboratorio di identità, in cui l’Abruzzo appenninico di Franco incontra la romanità di Flavio.
Da questo incontro nasce una cucina in costante divenire, che attinge alle matrici di entrambi i territori e si apre ai dialoghi con i venti culturali che soffiano su Roma da tutto il mondo.
“Per me Stecca è un altrove creativo, un luogo che mi spinge a cercare nuove armonie tra idea, gesto e sapore ” racconta Franco Franciosi. «È l’incontro tra due mondi che amo profondamente: da un lato la montagna, con i suoi tempi lenti e il suo silenzio essenziale; dall’altro la metropoli, con la sua densità e il suo battito vitale. Roma mi offre nuovi spunti creativi, la possibilità di ampliare il mio linguaggio di cuoco e di sperimentare nuove libertà in uno spazio di relazione viva e continua».
Il racconto gastronomico si muove su due binari distinti ma complementari: la sala e il bancone.
In sala, il ritmo è morbido e meditativo, scandito da un menu del giorno in continua trasformazione e da una carta fluida di circa venti referenze, pensata per accompagnare l’ospite in un percorso coerente, armonioso e calibrato. I piatti in carta spaziano dagli 8 ai 16 euro per gli antipasti, dai 16 ai 24 euro per i primi, dai 18 ai 25 euro per i secondi, mentre i dolci si collocano tra gli 8 e i 12 euro.
Al bancone tutto si fa vibrante: la cucina si fa ritmo, energia, libertà creativa. Le sonorità dell’impianto audio, gli stappi e i flussi dalla cucina creano un movimento spontaneo e vitale. Qui non ci sono percorsi di cucina precostituiti: l’esperienza si affida all’improvvisazione e alla sorpresa del momento. L’offerta prevede un numero variabile di assaggi, da tre a sette, con prezzi compresi tra 15 e 35 euro, a seconda del percorso scelto e della curiosità del momento.
Il fil rouge che attraversa entrambe le dimensioni è la condivisione — un gesto, un linguaggio, un modo di stare insieme.
Un valore che trova nel pane la sua espressione più autentica: preparato ogni giorno secondo i principi della panificazione di Mammaròssa, il pane a Stecca non è solo alimento, ma simbolo di legame. Rappresenta ciò che si spezza per essere condiviso, l’elemento che unisce e accoglie.
A questo spirito si ispira anche una sezione del menu, dedicata ai piatti “da steccare”: ricette nate per essere messe al centro della tavola per ritrovare il piacere del gesto conviviale. Proposte per due, quattro o otto persone, con prezzi a partire da 20 euro.
LA CANTINA
La filosofia che guida la cantina di Stecca non poteva che nascere in continuità con quella di Mammaròssa.
La ricerca è centrata su identità e autenticità, su vini naturali capaci di restituire il carattere dei vitigni e dei territori, nati più dalla passione che dalla convenienza. Il lavoro di selezione nasce da incontri, da viaggi e da fiducia reciproca; non da cataloghi, ma da conversazioni, strette di mano, bottiglie aperte in luoghi improbabili.
La cura della carta è affidata a Daniela Franciosi, sorella di Franco e responsabile storica della cantina di Mammaròssa. La sua profonda e riconosciuta esperienza garantisce continuità e coerenza, trasformando la selezione in un racconto fatto di relazioni e conoscenza diretta.
I valori di Mammaròssa si aprono alla città eterna trovando una nuova misura e un nuovo dialogo con la sua cucina e con il suo pubblico.
La carta dei vini è viva e dinamica: è pensata per muoversi, respirare, evolvere. L’Italia ne è il cuore, con un’attenzione particolare ad Abruzzo e Lazio e lo sguardo si apre anche oltre i confini, verso l’Europa, la Francia e lo Champagne per riconoscere nei vini del mondo la stessa tensione verso l’autenticità.
Una parte importante della proposta è dedicata ai vini in mescita, presenti anche in sala che trovano nel bancone la cornice più diretta per raccontarsi. Qui il vino si svela calice dopo calice, senza barriere o regole, seguendo il ritmo dell’ascolto e della conversazione.
Bere a Stecca diventa così un atto di partecipazione, un invito alla scoperta, uno spazio di relazione spontanea.
“Bere oggi un vino autentico e sano, senza compromessi, è una scelta di coerenza e rispetto,” racconta Daniela Franciosi. “Per noi un vino buono nasce da un atto sincero, da un lavoro che non cerca scorciatoie, da una visione che trasforma la fatica in racconto” – continua Daniela – “Bere a Stecca non è solo un gesto conviviale, ma un atto di partecipazione”
L’ACCOGLIENZA
L’accoglienza a Stecca nasce dallo stesso spirito che anima la sua cucina: un’identità che si costruisce nel gesto del condividere, del nutrire e del creare legami autentici. Al centro c’è Flavio De Maio, padrone di casa e mediatore di questo racconto, che porta con sé la sua esperienza e la traduce in una forma nuova. Qui il ricevere non è più solo attenzione o gesto di cortesia, ma diventa dialogo, ascolto e scambio: un modo di costruire insieme agli ospiti un’esperienza che si rinnova ogni volta e prende vita da chi la vive.
“Stecca vuole essere questo: uno stimolo per me a ripensare l’accoglienza in una forma più evoluta, fatta di empatia e presenza reale. Un servizio, ma un incontro umano che si adatta a chi hai davanti, dove ogni parola, ogni gesto, ogni sapore diventa un modo per entrare in relazione autentica con l’altro.” – spiega Flavio De Maio.
