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Gin italiano: lo stato dell’arte e la necessità della sua tutela
(Agen Food) – Milano, 14 set. – A Milano, nel corso della decima edizione di The Gin Day, la principale manifestazione italiana dedicata al gin, si è svolta la tavola rotonda dal titolo Gin italiano: lo stato dell’arte e la necessità della sua tutela. All’incontro, moderato dal giornalista Stefano Nincevich, hanno partecipato Luca Pirola, organizzatore della manifestazione; Samuele Ambrosi, autore del volume “Anthologin”; Vittorio D’Alberto di Gin Italy che, insieme a Fulvio Piccinino, autore del trattato storico “Il Gin Italiano”, è tra i promotori di un disciplinare a tutela del gin italiano. Cinque i punti chiave previsti della bozza: almeno il 51% delle materie prime devono essere prodotte in Italia; l’alcol italiano al 100%; le bacche di ginepro solo dal nostro Paese e almeno un altro botanical, oltre al ginepro, di origine nazionale. Alla tavola rotonda è intervenuto Paolo Dalla Mora, che fin dall’inizio della sua avventura con Engine Gin, ha sempre fatto del rispetto dell’artigianalità e dell’autenticità italiana la sua bandiera.
«La nostra azienda mette al primo posto, insieme al profitto, anche altri valori. Essere sostenibili per noi significa avere riguardo non solo dell’ambiente, ma anche dei nostri dipendenti, dei fornitori e di tutti gli stakeholder. In termini di supply chain significa lavorare con i territori, con i piccoli produttori, con gli artigiani locali. Un approccio che fa parte di un percorso intrapreso dal nostro esordio e che prevede, tra l’altro, il prossimo passaggio a società benefit e la certificazione B Corp».
Prosegue il Ceo di Engine: «Dal mio punto di vista dovremmo smettere di darci battaglia in Italia e presentarci compatti e con un’idea sul mercato internazionale. Dando al gin italiano tutta la credibilità che merita. Quello che mi piacerebbe vedere è un disciplinare del gin italiano. Questo strumento ci offrirebbe l’opportunità di costruire delle sinergie, di fare sistema a livello di produttori ed essere riconosciuti a livello internazionale. Un po’ come succede per i grandi produttori del Barolo, del Barbaresco o quelli della Borgogna. Ma per essere credibili è necessario un elemento fondamentale: lo chiamo rispetto. Rispetto vuol dire definirsi italiano solo se prodotto in Italia. L’asticella va alzata. Propongo di dare dell’italiano solo al gin prodotto con almeno il 70% delle botaniche provenienti dal nostro Paese. Perché non ti puoi chiamare Gin Bibione, Riccione o Talamone solo per rubare il concetto di italianità. L’Italian sounding si sta rivelando un grosso problema anche per il settore del gin e rischia di far perdere credibilità a tutto il nostro sistema».
#ginday #Engine
Rispetto all’esplosione del fenomeno gin – si contano oggi oltre 500 marchi di gin italiani – Dalla Mora puntualizza: «Non sono neanche di quelli che storcono il naso di fronte alle aziende specializzate nella produzione di piccoli quantitativi a marchio. Quelli che “da noi puoi fare anche solo una o dieci bottiglie del tuo gin”. Se un appassionato vuole farsi produrre 100 o 10 bottiglie di gin con la propria etichetta, magari da regalare agli amici o ai clienti per Natale, non vedo quale sia il problema. Trovo anzi, che sia assolutamente giusto che esista quel tipo di mercato. Se vai dal sarto a farti un vestito sei un figo, se ti fai produrre il tuo gin allora si tratta solo di un simpatico giocattolo. È questo il paradigma da cambiare. A chi comincia (e a chi ha cominciato male) vorrei dare un consiglio: fate attenzione a cosa raccontate. La repressione frodi si è emancipata e monitora i vostri social e siti per capire l’autenticità di quello comunicate. L’italianità è il nostro più grande valore e va protetta».

 
																	 
																	