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A tavola con le nonne: memoria contadina a quattro mani con gli chef Alessio Congias e Andrea Pacelli

(Agen Food) – Roma, 29 ott. – di Giulia Ippolito – Ci sono profumi che non si dimenticano. Quello del burro che sfrigola nel forno, del sugo che sobbolle piano, della pasta stesa sul tavolo coperta da un canovaccio. Sono profumi che raccontano la famiglia, la campagna, le nonne.

Da questi ricordi nasce la cena a quattro mani di Andrea Pacelli, chef del ristorante Love Truffles — attività romana legata a La Rustichella, azienda produttrice di tartufi — e Alessio Congias, anima e proprietario di Santì Tradizione Contadina, locale aperto all’Appio Latino insieme al cugino e dedicato proprio alla nonna Santina.

Un incontro tra amici, ma prima ancora tra due infanzie che si assomigliano: le famiglie numerose, la cucina come rito quotidiano, la terra come maestra.

“Quando ci siamo sentiti la prima volta,” racconta Alessio Congias, “la parola che è venuta fuori subito è stata ricordi. Volevamo dare ai piatti un’impronta di casa, non solo estetica ma affettiva. La mia identità è tutta legata a nonna Santina – il mio ristorante si chiama Santi proprio in suo onore. E’ sempre stata una donna di campagna, con mani forti e una pazienza infinita. Ogni volta che torno a quei sapori, ritrovo il rumore dei piatti sul tavolo, le voci che si sovrappongono, e noi cugini che ci contendiamo un coltello, un pezzo di torta, una forchettata rubata. È un’immagine che non mi lascia mai”.

La stessa nostalgia la condivide Andrea Pacelli, che di collaborazioni ne ha fatte molte, ma “questa aveva un senso diverso”, spiega. “Con Alessio ci conosciamo da tempo, e quando ha aperto Santi mi è sembrata l’occasione perfetta. Io da anni volevo dedicare un evento alle nonne, alla cucina contadina che è la nostra radice comune. Mia nonna Amabile, per esempio, era di Belluno ma ha vissuto ovunque — in Egitto, in India, in Sardegna — seguendo mio nonno, che lavorava nelle miniere. Portava con sé profumi e spezie, curry, coriandolo, e li mescolava alle sue ricette di montagna. Era una cuoca straordinaria, una ‘chef superstar’ senza saperlo. Quando preparo un piatto con la zucca o con la ricotta affumicata, sento ancora la sua voce in cucina”.

Un quadro di famiglia

La serata si apre con un gesto simbolico e poetico: l’entrée viene servita su un quadro che raffigura le famiglie dei due chef, quasi a far sedere le nonne accanto ai loro nipoti.

Sul piatto, lo gnocco di semolino e il bignè salato di emmental e prosciutto crudo, come quelli che si servivano alle feste o come merenda rubata da bambini. Poi la torta rustica di Alessio e il paté di faraona con cipolla soffiata e perle di tartufo.

“Sbloccano i ricordi delle nostre nonne,” dice Pacelli. “Il semolino e il bignè erano i sapori di casa, quelli delle mani che ti davano una porzione in più e subito dopo ti sgridavano. Alessio, invece, ha voluto mettere la sua torta rustica — un piatto di una semplicità disarmante, ma che per lui significa tutto. Poi abbiamo aggiunto il tartufo, che è un po’ la mia firma, per legare le nostre storie”.

Congias sorride: “La torta rustica per me è la base di tutto. È acqua, farina e olio di semi, nulla di più. Ma quella torta era sempre lì, pronta in cucina, a qualsiasi ora. Potevi arrivare da scuola, a pranzo, o anche a mezzanotte: nonna l’aveva già fatta. Per me è un ricordo fisico, quotidiano. Quando la preparo oggi, sento che sto cucinando con lei”.

Le radici nei piatti

Il menù della serata si costruisce su questa memoria condivisa. Congias sceglie la carne bianca — coniglio, quaglia, faraona — perché è quella che parla di campagna, di orti e di cortili.

“Nonna aveva il terreno, le galline, l’orto. Mio bisnonno vendeva le verdure al mercato, e noi mangiavamo quello che restava. È la cucina del possibile, dell’essenziale. La parte più vera del mio lavoro oggi è cercare di portare quella verità nei piatti, senza forzarla”.

Pacelli risponde con le sue radici settentrionali: “Per me i piatti della memoria sono tre: il semolino al forno, con la crosta di parmigiano e burro, lo gnocco di zucca con la ricotta affumicata e la torta di rose. Sono i sapori dell’inverno, del ritorno a casa. Ricordo la ricotta che ci arrivava dalle Dolomiti, un pezzetto minuscolo, affumicato a mano. Quando ho aperto il forno stasera e ho sentito il profumo della torta di rose, ho avuto la stessa sensazione di quando da bambino aprivo la porta della cucina di nonna. È come se lei fosse lì, seduta a guardare”.

Cucina contadina, oggi

Dietro la nostalgia c’è una filosofia precisa: la cucina contadina non è un ricordo, ma una scelta contemporanea.

“L’autoproduzione per me è fondamentale” racconta Congias. “A Nettuno sto aprendo un piccolo home restaurant dove cucinerò solo con quello che ho: il giardino, le erbe spontanee, i prodotti dei vicini. È lo stesso principio che avevano i nostri nonni. Nel ristorante cerchiamo sempre il massimo della qualità, ma senza mai dimenticare da dove veniamo. Anche quando non possiamo fare tutto, come il pane per mancanza di spazio, cerchiamo fornitori che lavorino come noi, con rispetto e onestà”.

Pacelli aggiunge: “La cucina contadina è il nostro modo di stare al mondo. Le mie nonne avevano le api, coltivavano patate minuscole, le bigole, che ora stiamo provando a riseminare. Avevano un ritmo che oggi abbiamo perso, un’attenzione che dobbiamo reimparare. Per me cucinare così è una forma di gratitudine: un modo per non disperdere tutto quello che ci hanno insegnato”.

Il ricordo come ingrediente segreto

La serata si chiude con profumo di burro e zucchero: la torta di rose appena sfornata. È il simbolo perfetto di questa cena – un dolce familiare, imperfetto, pieno di memoria.

Non è solo una cena, quella di Pacelli e Congias: è una dichiarazione d’amore alle proprie radici, un modo per dire che la cucina non è mai solo tecnica o estetica, ma biografia.

Due ristoranti, due generazioni, due nonne che – in modi diversi – continuano a cucinare attraverso le mani dei loro nipoti.

Redazione Agenfood

Redazione Agenfood

Agen Food è la nuova agenzia di stampa, formata da professionisti nel campo dell’informazione e della comunicazione, incentrata esclusivamente su temi relativi al food, all’industria agroalimentare e al suo indotto, all’enogastronomia e al connesso mondo del turismo.

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