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Linhart (Atlante) su DdL Carne Sintetica e Meat Sounding
(Agen Food) – Casalecchio di Reno (BO), 07 dic. – In relazione alla recente approvazione del DDL contro la carne sintetica e il cosiddetto meat sounding, Atlante – partner strategico delle principali catene italiane per la selezione, importazione e distribuzione di prodotti alimentari da tutto il mondo – ha chiamato a raccolta alcune delle più importanti realtà nel settore plant-based quali Io VEG – Consorzio Etico S.r.l, Vis Industrie Alimentari S.p.A, Joy Food S.r.l, Vivera B.V. per analizzare i dettagli della legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale in data 1 dicembre 2023, e ritenuta un grosso passo indietro e controcorrente rispetto ai principi di sostenibilità promulgati dall’ UE.
“Noi di Atlante – afferma Natasha Linhart, CEO Atlante – riteniamo che questa proposta di legge rappresenti un grosso passo indietro, in quanto una buona offerta di prodotti a base di proteine vegetali consente di ridurre le emissioni CO2 generate dagli allevamenti, ed è quindi fondamentale per il benessere del nostro pianeta”. In Italia addirittura il 57% delle emissioni dovute all’alimentazione riguardano carne e uova, generando altresì un consumo eccessivo di acqua. “Considerando che, secondo le ultime proiezioni delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale potrebbe crescere fino a circa 8,5 miliardi nel 2030, le alternative vegetali rappresentano una soluzione importante per il nostro futuro, in quanto sono nettamente più sostenibili. Per questo – conclude Linhart – troviamo che la proposta di legge non solo non tuteli i consumatori, ma possa arrecare un grosso danno all’ambiente che ci circonda.”
Il DDL, oltre a proibire la produzione e vendita di carne coltivata in laboratorio in Italia, un settore emergente che promette di rivoluzionare il sistema alimentare globale, prevede che non possano più essere utilizzati termini come “burger”, “straccetti”, “nuggets”, “salsiccia” riferiti a prodotti plant-based. Le motivazioni a supporto di questa proposta sarebbero la tutela del patrimonio zootecnico nazionale e dei consumatori, in quanto i prodotti a base vegetale sarebbero fuorvianti per via della loro denominazione.
È bene ricordare che i consumatori non vivono la denominazione delle alternative alla carne come fuorviante: secondo uno studio pubblicato nel 2020 da “The European Consumer Organisation” l’88% è favorevole all’utilizzo di questi termini. Di fatto secondo i più ormai il mercato delle alternative vegetali è consolidato a tal punto non essere fonte di equivoci.
Sono diverse le perplessità che questa legge solleva, con riferimento sia alla compatibilità con il sistema europeo (come avvenuto anche in Francia, dove il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia UE), sia alla disparità di trattamento di operatori economici appartenenti a diversi Paesi.
Tali proteine vegetali hanno un impatto climatico molto minore a quelle della carne, come dimostrato più volte anche in questo COP 28. Difatti la loro produzione comporta diversi benefici in temini di sostenibilità ambientale rispetto ai prodotti di origine animale: una forte riduzione delle emissioni di gas serra, minore utilizzo del suolo e un notevole risparmio d’acqua. Inoltre, la qualità e il gusto dei prodotti plant-based continuano a migliorare. Parliamo infatti di alimenti molto apprezzati dal consumatore, venduti in scaffali diversi da quelli della carne e che riportano diciture molto chiare (come “prodotto vegetariano” o “vegano”), non portando dunque a possibile errore alcuno.
È noto che la promulgazione della legge è avvenuta solo dopo che il Governo ha dissipato i dubbi di procedura avanzati dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella (https://www.quirinale.it/elementi/103490) e soprattutto solo a seguito dell’esplicito impegno a conformarsi alle direttive della Commissione Europea.
I consumatori, già da molto tempo, comprendono che le parole come burger o polpette possono essere utilizzate per descrivere la forma e l’uso del prodotto, che può essere quindi a base di carne o a base vegetale. L’eliminazione di questi termini, perfettamente associati da milioni di italiani anche ad alimenti vegetali, comporterebbe la necessità di “inventare di sana pianta” nuove e fantasiose denominazioni. Ciò potrebbe realmente ottenere l’effetto di confondere i consumatori.
La tutela del patrimonio zootecnico, inoltre, non dovrebbe attuarsi a danno del comparto produttivo di alimenti plant-based. L’alternativa alla carne garantisce investimenti e posti di lavoro a un numero sempre crescente di persone, mentre l’attuazione di questa legge potrebbe provocare danni devastanti alle aziende coinvolte e, in ultima analisi, anche ai consumatori, che per diverse ragioni, apprezzano la possibilità di poter integrare la loro dieta con prodotti interamente vegetali.
Inoltre, le sanzioni sembrano sproporzionate, con multe che potrebbero arrivare a 150.000 euro. Non si comprende oltretutto se la confisca dei prodotti, il divieto di accesso a contributi, finanziamenti ecc., nonché la chiusura dello stabilimento fino a 3 anni siano sanzioni accessorie oppure se invece si applichino a prescindere dalla gravità del caso.
Sanzioni queste che, come dice la Corte di Giustizia, quando perseguono una finalità repressiva e presentano un elevato grado di severità costituiscono sanzioni penali.
È per questo motivo che, in vista delle osservazioni della Commissione Europea e anche del decreto del Ministero dell’Agricoltura che elencherà specificamente le denominazioni vietate, Atlante ha organizzato una tavola rotonda con altre realtà imprenditoriali che hanno a cuore la tutela del settore, la possibilità di continuare ad evolverlo con proposte sempre più apprezzate e sempre più rispettose della salvaguardia dell’ambiente e della salute; una tavola rotonda per unire le forze ed intraprendere tutte le opportune iniziative atte ad aumentare la consapevolezza che in un contesto di urgenza ecologica il nostro Paese sta rischiando di compiere una scelta controproducente.

 
																	 
																	