(Agen Food) – Agrigento, 29 set. – di Olga Iembo - La splendida Agrigento, terra…

Intervista alla chef Bonetta dell’Oglio: “Sicilia nel fuoco, ora una class action”
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(Agen Food) – Palermo, 11 ago. – di Olga Iembo – Questa estate di fuoco lascerà come o forse più delle altre il segno nella più grande isola del Mediterraneo. La Sicilia, prima lussureggiante e magnifica, è piagata e martoriata, dopo un inferno di fiamme e fumo.
Un fuoco famelico e inarrestabile, che non ha risparmiato niente e nessuno, da Palermo a Siracusa, da Catania a Trapani, da Messina ad Agrigento, il mostro ha aggredito l’intera isola che, a guardare la mappa dei roghi sul sito della Nasa Firms (Fire information for resource management system), si osserva con angoscia completamente punteggiata di rosso. E ciascuno di quei sinistri segni di colore vermiglio corrisponde a migliaia di ettari di Sicilia devastati dal mostro che ha divorato tutto quello che ha incontrato: boschi e campi, coltivazioni e allevamenti, alberi secolari e biodiversità uniche, alberghi e agriturismi, abitazioni e monumenti, intere esistenze spese a mettere in piedi un’attività o storie di generazioni custodite in case centenarie.
Il fuoco non ha avuto pietà, in questa estate 2023 come nelle precedenti, da centinaia di anni a questa parte. “Ma ancora lo subiamo in silenzio, con armi spuntate e impreparati, tirando avanti come se il problema non fosse il nostro” sbotta Bonetta dell’Oglio, palermitana doc e paladina della biodiversità siciliana, che a vedere la sua amata Isola in ginocchio non ci sta più.
Al secolo “Maria Bonaria”, più nota a tutti come Bonetta, è famosa non solo per le sue doti di grande chef, apprezzate anche all’estero dove viene di frequente invitata come ambasciatrice della cucina siciliana; non solo per aver insegnato all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo; non solo per aver scritto il libro “Romanzo Culinario”; non solo perché è stata la presidente dell’associazione siciliana Donne di Mare, che si occupa di promuovere l’eco-sostenibilità e la cultura del mare, o perché è stata scelta dalla Commissione oceanografica intergovernativa dell’Unesco come una delle sette ambasciatrici italiane per il Decennio del Mare (2021-2030).
Non solo per queste esperienze che ha vissuto, Bonetta, membro dell’Alleanza Slow Food (patto fra cuochi e piccoli produttori per promuovere i cibi buoni, giusti e puliti del territorio e per salvare la biodiversità, ndr), è nota anche e soprattutto per la sua forza, la sua determinazione, il suo convincimento nel difendere diritti e interessi della categoria e del territorio perché, sostiene, “è indispensabile rispettare e aiutare quei produttori, quei contadini e quegli agricoltori che da sempre ci forniscono prodotti meravigliosi”. Ed è nota per quei 20 anni di battaglie a difesa della biodiversità siciliana che l’hanno vista fondare il movimento culturale chiamato “La rivoluzione in un chicco”, per difendere e valorizzare i grani tradizionali dell’isola.
E adesso Bonetta la pasionaria torna a farsi sentire. Non può nascondere lo sdegno di fronte allo scempio degli incendi che sta distruggendo le attività di coltivatori, allevatori e operatori turistici, danneggiando quella terra a cui è legata in modo viscerale. Non può nascondere, Bonetta, il suo orrore di fronte al disastro che, secondo lei, è frutto di “un’orchestrata regia terroristica – ha detto -, perché in una notte l’intera Isola è stata aggredita dal fuoco ovunque”. Dell’emergenza incendi e dei danni incalcolabili alle persone, al territorio, e a un’economia intera, Bonetta ha parlato con Agen Food.
Bonetta, questi eventi catastrofici dovuti al fuoco l’hanno colpita anche direttamente vero?
“Si. E’ bruciata la nostra casa di famiglia a Gibilmanna, una collina a circa 10 chilometri sopra Cefalù, ed anche la mia azienda agricola che invece si trova sul territorio di Gratteri. Ma tutto è stato dovuto allo stesso incendio, all’interno del Parco delle Madonie, una zona stupenda, molto boschiva, che aveva una vegetazione straordinaria ormai devastata per aver subito danni enormi dal fuoco, un anno dopo l’altro, e un colpo definitivo ora. In parte qualcosa si è salvata, ma bisogna aspettare un altro anno per vedere come la natura potrà reagire e riprendersi. Sono valutazioni che mi auguro faccia il Corpo forestale che vediamo davvero troppo poco. Come, del resto, anche l’Ente Parco delle Madonie mi chiedo di cosa si occupi… Ho un amico che ha chiesto l’autorizzazione per pulire 30 ettari di bosco e, dopo 5 mesi di attesa e l’ennesimo sollecito, si è sentito rispondere che si era persa la domanda… Cosa devo dire di più…”.
Nella zona cosa è andato distrutto?
“Molti ulivi, un sacco di biodiversità, una grande parte boschiva di enorme bellezza, pascoli, e ovviamente tanti beni delle persone che stanno qui. Le fiamme sono arrivate da lontano e hanno distrutto tutto. A Gibilmanna il fuoco ha danneggiato un giardino monumentale con una rarissima di Abiens Nebrodensis e alberi di frutta centenari, seguito e monitorato dal direttore dell’Orto Botanico di Palermo, Riccardo Schicchi, e la stessa cosa è successa anche nel bosco di Samonà e anche a casa nostra dove si è danneggiato un Cedro della California piantato dalla mia trisnonna. Danni alla natura incalcolabili. Il mio orto è andato… avevo acquisito l’azienda 3 anni fa e ci producevo prodotti che utilizzavo nella mia attività e che consegnavo anche ad altri affezionati che credono nella mia agricoltura biologica. Come me hanno subito danni enormi tanti altri. Accanto a me, ad esempio, c’è l’azienda zeotecnica Muffoletto che produce carne e formaggi di assoluto pregio, perché parliamo di greggi che stanno 365 giorni sotto le stelle, quindi vivono di pascoli. I titolari hanno salvato le mandrie, perché sono veramente uomini di campagna che amano i loro animali, e di notte si sono dati da fare da soli per proteggerle. Ma adesso non hanno più un filo d’erba, hanno dovuto comprare fieno che viene da altre parti perché qua non c’è più niente per loro. Gli animali vengono lasciati liberi con l’integrazione del fieno nella speranza che, magari con la poca pioggia di questi giorni, l’erba ‘ricacci’ e le greggi possano riprendere a pascolare. C’è da sperare che le pecore siano rimaste incinta dopo l’accoppiamento in primavera, e che nel momento in cui partoriranno siano ‘ricacciati’ i pascoli, perché altrimenti la ricotta e i pecorini come si potranno mai fare? Ma è una storia che si ripete: l’anno scorso c’è stato un incendio terribile che ha causato la morte di un sacco di capi di bestiame; anche anni prima l’azienda di Grazia Invidiata ha perso non so quante vacche e vitelli, lei ad esempio ha anche il presidio Slow food per la provola della Madonie, ma la sua come altre produzioni si sono dovute fermare”.
Il problema si ripete ogni anno, e ogni volta significa che qualcuno deve fermare o ridurre al lumicino la propria attività?
“Certo, è così. Tutte le attività subiscono enormi danni. Posso dire con certezza, ad esempio, che questa estate tutta la zona di Catania, compresa Taormina, ha avuto un crollo del 60 per cento degli ingressi, con una situazione resa ancor più emergenziale dall’incendio dell’aeroporto. Ma poi, siamo onesti, quale turista vede questo finimondo e decide di venire in Sicilia? E’ chiaro che andrà, che so, in Trentino, o altrove. Il vero gravissimo problema è che tutti mi ripetono la stessa cosa, che cioè sui territori i Comuni non sono pronti ad affrontare né il caldo né i fuochi. E così la Sicilia subisce uno sgretolamento costante della sua bellezza. Di fronte a questo c’è un sistema che io suddivido in due categorie: quelli che ci credono, che hanno una posizione culturale avvantaggiata, una sensibilità enorme, che li porta a volersi battere per difendere la nostra ricchezza; e poi ci son i selvaggi, che organizzano le discariche abusive a cielo aperto, a cui non importa neppure lontanamente della Sicilia. Parliamo di gente per cui stare in un deserto o in un bosco non cambia niente. Per questo io personalmente ce l’ho anche con moltissimi siciliani, compresi tanti politici. Purtroppo ce ne sono tanti insensibili, e ciò rende tutto più insormontabile, perché il problema culturale è gravissimo”.
Quindi è un problema culturale che fa venir meno l’aspetto della prevenzione, di studiare e predisporre contromisure per arginare un problema che si ripete ogni anno sempre nello stesso modo?
“Assolutamente sì. Io devo dire, ad onor del vero, che la maggior parte di noi si comporta in modo responsabile, e si prende cura dei propri terreni e così del territorio. Però io dico, se gli incendi arrivano addirittura alle strade, come possiamo mai fare noi da soli a proteggerci? Oltre tutto, un tempo c’era la ‘cultura dello spegnimento del fuoco’, cioè uomini e donne reagivano, si davano da fare, andavano con le ramazze e insieme agli operatori della forestale erano in grado di fare il contro-fuoco. Oggi se il vaccaro vuole fare il contro-fuoco viene denunciato come piromane, e però intanto gli operatori, ammesso che ci siano, non sanno lavorare come una volta, non hanno la formazione, hanno paura il più delle volte perché lavorare coi fuochi in zona boschiva e molto difficile, e quindi si vive secondo la cultura dell’aeroplano. Ma i mezzi aerei sono pochi, e non ce la fanno. Non dimentichiamoci che mentre noi qui bruciavamo, anche la stessa Palermo era un rogo. E’ una lotta impari”.
In pratica vuole dire che non si fa in tempo ad andare dappertutto?
“Ma in molte zone non sono andati proprio. Noi facciamo i conti con un pericolo enorme da cui molti non sono proprio protetti. Non c’è una persona, meno che mai un agricoltore, che non abbia il terrore del fuoco, e tenta di organizzarsi come può. Ma ci sono tanti che non possono proteggersi, pensiamo agli anziani, pensiamo a chi ha attività un po’ più grandi. Noi stessi siamo stati evacuati perché non si sarebbe potuta garantire la sicurezza delle nostre persone, ma ci avevano promesso di proteggere le case, cosa che non è accaduta. Così non ce la possiamo fare. Sono situazione assolutamente tragiche, nessuno può immaginare cosa vuol dire vedere andare in fumo la propria casa o l’attività a cui ha dedicato tutta la vita”.
So che quest’anno avete deciso di passare a contromisure forti…
“Sì, abbiamo deciso di intentare una class action. La mattina dopo l’incendio qui ero desolata nel vedere il disastro tutto intorno. Mi è montata una tale rabbia e ho pensato che dovevo fare qualche cosa… sono stata 20 anni a battagliare per i grani autoctoni, e allora perché non lo posso fare per il fuoco? Così mi sono rivolta a tutti i siciliani, tutti indistintamente… Voglio ricordare che quest’anno il fuoco è arrivato a lambire il Teatro di Segesta, è arrivato a distruggere le mura dionisiache di Siracusa, ettari di biodiversità devastati ovunque, esisteva un progetto sui vitigni autoctoni su cui si lavorava da 20 anni, ora non c’è più niente! Sono bruciate intere aziende. Ho un caro amico che produceva vini naturali da 20 anni, non hanno più nulla! Conosco un ragazzo delizioso che aveva le sue api in tutta Palermo, gli si è bruciato tutto, api, miele e addirittura la casa a Palermo! Nessuno ha davvero l’idea dell’emergenza che c’è qui. Ed è evidente che la classe politica è totalmente inefficiente. Mi basta dire di aver scoperto che durante l’ultima legislatura la Regione avrebbe dovuto acquistare 119 mezzi antincendio da destinare tra Forestale e Vigili del fuoco, non hanno mai fatto le gare, le hanno fatte solo per 12 mezzi che non sono neanche arrivati!”.
I Vigili del fuoco operano con mezzi inadeguati?
“Ma assolutamente no. Basta dire che il distaccamento dei Vigli del Fuoco di Cefalù opera con 5 unità! E copre un territorio estremamente vasto, compreso il Parco delle Madonie che è immenso. Ma come si fa a lasciare in territorio in questa condizione di abbandono? Eppure il fuoco per noi è un problema atavico, basta andare a leggere il Gattopardo per vedere come Tomasi di Lampedusa racconta il fenomeno dei roghi, quando fa descrivere al principe di Salina la Sicilia come un luogo in cui il caldo porta una ‘pioggia di fuoco’, e parliamo di una cosa scritta più di 100 anni fa. Ecco perché sono furiosa, perché dopo decenni ancora vedo una Sicilia completamente disinteressata!”.
Ma rispetto a quest’anno lei ha un’idea che va altro il “caldo” come causa del disastro…
“Si. Credo che quest’estate si è manifestata una vera regia terroristica, perché non è giustificabile quello che è successo in tutta la Sicilia nella stessa notte alla stessa ora. Se si osservano le foto aeree delle notti in cui si è scatenato l’inferno fanno paura, e dimostrano la contemporaneità dei roghi in troppe zone dell’Isola”.
E questa class action che avanzerete quale obiettivo ha?
“Allora l’azione si divide in due: una parte cui parteciperanno dei sostenitori ad aiuvandum, cioè persone di tutta Italia che condividono la battaglia di pretendere maggiori misure a protezione dell’Isola, e sono davvero tantissimi; e una seconda parte cui parteciperanno invece tutti coloro che sono stati danneggiato dagli incendi. Intanto abbiamo iniziato con l’accesso a tutti gli atti possibili: del Corpo forestale, dei Vigili del fuoco, della Regione, del Parco delle Madonie… Iniziamo a chiedere conto alle istituzioni, cosa che non ha fatto mai nessuno. I siciliani finora non hanno reagito. Ma io disconosco questo sistema bieco in cui nulla cambia! E come me molti altri. Ho ricevuto subito, ad esempio, il pieno sostegno di Confcommercio Palermo la cui presidente, Patrizia di Dio, che è anche vice-presidente nazionale, mi ha comunicato che aderirà alla class action; o quello dei colleghi Tony Lo Coco dei Pupi di Bagheria, e Bianca Celano di Catania. Non ne possiamo più. La classe politica sa che la situazione è disastrosa, ma continua a restare indifferente. Nessuno è responsabile, nessuno paga. Noi possiamo lottare con la carta bollata e lo faremo, da cittadini responsabili”.
Cosa chiederete?
“Con la class action per i danneggiati, in particolare, chiediamo il risarcimento di tutti i danni subiti, e non solo per i residenti come è accaduto in passato, ma per tutti. Chiediamo inoltre un presidio permanente del Corpo forestale che si occupi dell’intera Sicilia, con vedette e postazioni fisse. Lo scopo è proteggere tutti e i beni di tutti, perché la Sicilia era una terra lussureggiante ma con il passare del tempo, in una regione completamente distrutta, chi vorrà più venire? Pensiamo agli alberghi, agli agriturismi, agli allevatori, agli agricoltori che hanno avuto il crollo del lavoro. Chi gli restituirà la loro vita? Chiediamo inoltre un consistente aumento delle unità dei Vigili del fuoco con uomini e mezzi in più, a presidio delle abitazioni perché siamo tutti a rischio. Si tratta di difendere i diritti naturali delle persone. E, infine, chiediamo anche una valutazione ambientale costante con aggiornamento dei catasti dei boschi sui terreni bruciati, che non sono minimamente aggiornati e ciò vuol dire che non si ha neppure contezza di cosa è andato distrutto. Più di tutto, chiediamo di non essere presi in giro con i soliti provvedimenti di propaganda, quale l’ultimo inasprimento delle pene da 4 a 6 anni per coloro che innescano i fuochi. Chiunque abbia una minima conoscenza del funzionamento della giustizia in Italia, sa benissimo che gli eventuali responsabili, se mai verranno presi, non sconteranno neanche un giorno di carcere. Chiediamo di non essere presi in giro continuando a chiamare responsabili con il termine ‘piromani’. Il piromane è chiaramente un individuo con pulsioni malate, ma da noi guarda caso si manifestano costantemente nei mesi di luglio e agosto, nelle giornate più calde e la disfunzione mentale parte contemporaneamente per tutti. Chiunque abbia un minimo di raziocinio sa benissimo che chi appicca il fuoco è un esecutore materiale di un disegno criminoso più grande, che nulla ha a che fare con patologie psichiatriche. L’obiettivo principale, al di là dei dovuti risarcimenti alla gente onesta, è accendere i riflettori su un problema che non vogliamo più subire passivamente, ma che deve essere arginato e della cui incuria qualcuno deve poter essere chiamato a rendere conto”.
