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Addio PAPA FRANCESCO, voce della Terra

(Agen Food) – Roma 21 apr – di Massimiliano Cinque – La mattina di Pasquetta si è aperta con la notizia che nessuno avrebbe voluto ascoltare: la morte di Papa Francesco.
Eppure, solo poche ore prima lo avevamo visto, fragile ma presente, affacciarsi per la benedizione Urbi et Orbi. Un gesto che da solo dice tutto: la volontà incrollabile di un uomo che ha fatto della prossimità, dell’umiltà e dell’amore per gli ultimi la rotta del suo pontificato. Fino alla fine, con la forza mite di chi non comanda, ma accompagna.

Papa Francesco è stato un pontefice rivoluzionario. Non per clamore, ma per coerenza.
Sempre dalla parte degli emarginati, degli esclusi, dei dimenticati. E fin dal primo giorno, con la scelta di quel nome – Francesco – ha indicato la direzione: come il poverello d’Assisi, ha parlato alla terra, agli animali, al vento, agli uomini, unendo spirito e carne, vangelo e vita.

E proprio da questa visione è nata una delle sue opere più alte e durature: l’enciclica Laudato si’, pubblicata nel 2015.
Un documento che è molto più di un testo religioso: è un grido gentile, ma potente, un appello alla responsabilità collettiva, un invito a prenderci cura della casa comune, la Terra. Un testo che ha saputo unire spiritualità, ecologia e giustizia sociale come pochi altri nel nostro tempo.

A quasi dieci anni dalla sua pubblicazione, Laudato si’ resta una bussola morale per chi opera nel mondo dell’ambiente, dell’economia circolare, dell’agricoltura sostenibile.
Non è un trattato tecnico, ma una visione. Una visione etica, umana, poetica della crisi ecologica. E che tocca direttamente il modo in cui coltiviamo, alleviamo, mangiamo, viviamo.

“Poiché la terra ci è stata data – scriveva Francesco – non possiamo più considerarla come qualcosa di separato da noi.”
Ecco, in queste parole c’è il cuore del suo messaggio: riscoprire il legame, spezzare l’indifferenza, tornare a sentire la terra come madre, non come risorsa da spremere.

In Laudato si’, il Papa criticava apertamente il paradigma tecnocratico che riduce la natura a meccanismo, la terra a cifra, e l’agricoltura a industria senz’anima.
E in contrapposizione, elogiava le pratiche agroecologiche, il sapere contadino, la biodiversità, il ruolo delle comunità locali.
Una rivoluzione lenta, silenziosa, necessaria.

Ma non si è fermato lì. Papa Francesco ha parlato anche di giustizia sociale, ricordandoci che in molte regioni del mondo l’agricoltura è ancora oggi la prima fonte di sopravvivenza.
E sono proprio i piccoli produttori a essere più penalizzati, schiacciati da un sistema globale che premia il profitto e sacrifica la dignità.

“C’è bisogno di rafforzare i sistemi agricoli locali e sostenibili” – scriveva.
Parole che oggi, di fronte al cambiamento climatico, alla perdita di suolo fertile, all’impennata dei costi dell’energia, suonano più urgenti che mai.

In un tempo in cui tutti parlano di transizione ecologica, l’enciclica di Papa Francesco resta un faro. Un punto di riferimento per le politiche agricole europee e mondiali, capace di tenere insieme produttività e rispetto, tradizione e futuro, economia e misericordia.

Il futuro dell’agricoltura – e, in fondo, anche quello dell’umanità – passa da qui: dal ritorno alle radici.
Quelle della terra. E quelle dell’uomo. Che non è padrone del creato, ma custode. Con mani che lavorano, occhi che vedono, cuore che ascolta.

A Dio, Papa Francesco.
Grazie per aver camminato con noi, parlato con noi, pianto con noi.
Grazie per i tuoi insegnamenti, per le parole semplici e profonde, per gli sguardi, per i silenzi, per i gesti.
Che il tuo esempio resti vivo come un seme buono, e che fiorisca.
Che sia davvero l’inizio di quella rivoluzione silenziosa, umile e luminosa che ci hai indicato.
Una rivoluzione dello spirito, dell’uomo, della terra.

admin

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