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Agricoltura sostenibile, dal Brasile una voce unanime: “Sinergia e scambio di know-how per difendere il pianeta, siamo tutti dalla stessa parte”

(Agen Food) – Roma, 20 ott. – di Olga Iembo – Italia e Brasile uniti da intensi rapporti commerciali, ma anche dal comune obiettivo della protezione dell’ambiente. Un problema transnazionale, come ha evidenziato anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lunedì alla FAO in apertura della Giornata mondiale dell’alimentazione, e strettamente connesso agli altri della fame e della carenza idrica. Un problema, quindi, che riguarda tutti i paesi del mondo, e che obbliga alla ricerca di risposte.

In quest’ottica Apex Brasil (Agenzia brasiliana per la promozione del commercio e degli investimenti) ha organizzato a Roma il primo di una serie di importanti incontri proprio sul tema dell’agricoltura sostenibile e delle soluzioni innovative operabili grazie a scienza e tecnologia. Incontro cui ne seguiranno altri in altre sedi internazionali, con cui il Brasile vuol dare un contributo importante al confronto continuo alla ricerca di soluzioni concrete per rispondere all’imperativo della sostenibilità. Il Brasile, del resto, si è sempre dimostrato un attore chiave all’interno dei negoziati riguardanti il cambiamento climatico, essendo stato il paese che nel 1992 ospitò l’importantissimo Earth Summit, la prima conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’ambiente. Non a caso si tratta di un paese che dipende molto dalle energie rinnovabili, presentando una situazione energetica che è fra le più pulite al mondo: nel 2018, infatti, il 65% dell’approvvigionamento elettrico derivava da energia idroelettrica, l’8% da eolica, lo 0,5% da solare e il 6,5% da biomasse; e inoltre ha il più grande mercato di veicoli bi-fuel che funzionano a etanolo, il quale corrisponde a circa il 20% dei carburanti utilizzati nei trasporti interni. La sfida principale, comunque, rimane la riduzione della deforestazione, considerato che l’Amazzonia, “polmone verde della Terra”, è capace di assorbire grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, e la perdita di alberi equivale alla perdita del pianeta della capacità di eliminare la CO2 in eccesso.

Su tematiche di stretta e urgente attualità hanno risposto ad Agen Food tre importanti attori della realtà brasiliana.

Primo fra tutti Felipe Spaniol (a sinistra in foto), Coordinatore di Intelligenza Commerciale e Difesa di Interessi della Confederazione dell’Agricoltura e Zootecnia del Brasile – CNA.   

Spaniol, l’Italia è il secondo partner commerciale europeo del Brasile, su cosa sono incentrati i rapporti commerciali fra i due paesi nel settore alimentare?

“Italia e Europa sono partner importanti per il Brasile e in una visione di insieme l’Unione Europea è la seconda destinazione dell’export brasiliano. Al primo posto la Cina poi Unione Europea e infine gli Stati Uniti. I legami storici tra Brasile e Europa sono rafforzati anche dai numeri commerciali e le partnership tra aziende Brasiliane ed europee. I rapporti sono intensi, la Bilancia commerciale tra i due Paesi vede l’Italia in vantaggio sul Brasile, dal momento che le esportazioni dell’Italia verso il Brasile raggiungono un valore di circa 5 miliardi di dollari contro i 3,5 di valore delle esportazioni del Brasile. Gli scambi sono diversificati, non solo di un settore: dal Brasile arrivano prevalentemente materie prime (soia e tutti i suoi derivati, grani di caffè, cacao, ecc.) anche come mangimi per animali, oltre a carne bovina, legno, pellame. Per la carne bovina abbiamo avuto conferma nell’incontro di ieri con Assocarni dell’importanza delle importazioni delle nostre carni bovine per integrare e soddisfare la domanda del mercato italiano perchè il 50%b della carne importata dall’Italia è brasiliana; il Brasile importa invece dall’Italia soprattutto prodotti manifatturieri o prodotti quali olio, vino e frutta fresca, in particolare le mele. È importante mantenere e aumentare questa partnership, che come le altre dà opportunità per migliorare il valore aggiunto dei prodotti esportati dal Brasile dal momento che su un totale di 159 miliardi di dollari di prodotti agribusiness, il 16% viene esportato in Europa. Il Brasile ha saputo gestirsi, basti pensare che ha un passato da importatore e ora invece è il terzo Paese esportatore di prodotti agribusiness, dopo Cina e USA. Il Paese, negli ultimi quarant’anni, è riuscito a importare sempre meno, riuscendo via via a soddisfare la domanda interna e a contribuire a combattere anche la fame nel mondo in Paesi come l’Africa”.

I cambiamenti climatici, e in particolare la carenza idrica, argomento centrale della Giornata mondiale dell’alimentazione che si è aperta lunedì alla FAO, come impattano su coltivazioni e allevamenti locali in Brasile, e come vengono fronteggiati?

“Questo è un tema centrale non solo per il settore agricolo brasiliano ma in generale per il settore a livello globale, e i produttori sono le persone maggiormente impattate perché la loro attività dipende proprio dal clima e dalle condizioni della natura. Il Sud del Brasile, ad esempio, a inizio anno è stato colpito da un’ondata di siccità e ora, invece, è afflitto dagli allagamenti. La stessa cosa sta succedendo nella zona Amazzonica. Gli interventi messi in campo sono diversi: il Projecto Vertentes, finanziato dalla Banca mondiale insieme al nostro Ministero dell’Agricoltura e dell’ambiente, ad esempio, è stato lanciato per preservare e ricostituire la fauna e l’area forestale vicini a sorgenti d’acqua e fiumi; oltre questo, ci sono anche dei progetti volti a ridurre l’utilizzo dell’acqua in agricoltura e anche progetti di desalinizzazione delle acque. Gli agricoltori in Brasile, poi, sono obbligati per legge a preservare le aree su entrambe le sponde di fiumi e sorgenti d’acqua, fino almeno a 30 o 50 metri. Dobbiamo comunque avere una visione più ampia poiché, ad esempio, quest’anno è l’anno de El Nino’. El Nino’ è un fenomeno che avviene ogni 5 o 7 anni in America per cui si prevede siccità al nord e piovosità al sud per cui avremo un raccolto minore rispetto agli anni precedenti mentre per prossimo anno sarà migliore. Questo significa che non possiamo guardare solo dalla nostra prospettiva ma dobbiamo farlo in una visione allargata appunto”.

Quali sono le strategie di sviluppo dell’industria locale, e che valore ha in tal senso il cooperativismo? 

“Il cooperativismo è fondamentale per l’attività rurale in Brasile. In uno scenario come quello del nostro Paese che accoglie molte piccole realtà, circa 5 milioni di aziende agricole di cui l’80% piccoli produttori, che cioè lavorano meno di 50 ettari, il cooperativismo è fondamentale per poter godere di un avanzamento tecnologico e programmi di sviluppo che sarebbero inaccessibili ai singoli da soli.  In Brasile è stato sviluppato un interessantissimo modello di corporativismo che porta programmi di formazione e sviluppo che da soli i piccoli agricoltori non potrebbero raggiungere perchè la vera sfida è l’industrializzazione brasiliana. La maggior parte della nostra produzione rimane in Brasile e solo il 15 – 20% della produzione alimentare totale viene esportata, e quindi abbiamo sviluppato programmi e altre iniziative importanti per promuovere, oltre all’export di materie prime, anche quello di prodotti lavorati (ad esempio il cioccolato invece del cacao)”.

Sostenibilità ambientale, ma anche economica e sociale. Come realizzarle a tutto tondo? 

“Le tre sfere vanno considerate come un insieme, e le politiche pubbliche andrebbero integrate con tutti e tre gli aspetti e, allo stesso tempo, avere un quadro giuridico che funzioni bene, che sia efficiente e che punisca gli abusi e le attività illegali come la deforestazione. Questi tre aspetti sono fondamentali per valutare ogni azienda nel suo complesso, se non si ha la sostenibilità economica probabilmente non si sarà in grado di aiutare l’ambiente, e se non guardi alle persone che vivono e lavorano lì probabilmente non otterrai risultati economici e così via, e anche dal nostro punto di vista le politiche pubbliche devono essere coordinate ed integrate in tutti sensi. Ad esempio ci sono molti programmi per promuovere la tecnologia. Il Brasile ha una società di Sviluppo e innovazione agricola, EMPRABA, che inizialmente è stata sviluppata con il supporto del Giappone me ci sono anche altre importanti partnership, and esempio con il CNR italiano. Il supporto di CNA si sviluppa anche in progetti di formazione e assistenza agli agricoltori e abbiamo 7.000 persone che, in tutto il Paese, si occupano di fornire supporto agli agricoltori, soprattutto i più piccoli, dando loro raccomandazioni e soluzioni ai problemi quotidiani riguardanti risorse umane, controllo dell’attività, aspetti di gestione più pratici. Il programma è completamente gratuito, queste persone si recano nei singoli stabilimenti e, dopo aver studiato il caso di ognuno, forniscono un’assistenza di 2 anni. In un mese, ad agosto scorso, abbiamo raggiunto il record di 120.000 visite (3.3 milioni dal 2014). I tecnici selezionano aziende agricole di un determinato settore di produzione e le aree nelle quali recarsi e, una volta selezionati, procedono con le visite”.

Ha risposto, in seguito, Evandro Gussi (a destra in foto), CEO dell’Unione dell’Industria di Canna da Zucchero – UNICA, si occupa di energie rinnovabili attraverso lo zucchero, i biocarburanti, la bioelettricità e le biomasse. Già deputato federale di San Paolo, e con ruoli chiave nel Congresso nazionale del Brasile, tra cui leader di partito e presidente della Camera dei Deputati.

Gussi, il Brasile è 1º produttore e 1º esportatore di zucchero. L’andamento di produzione ed esportazione cambia a seconda dei momenti storici, ad esempio a seconda delle diverse mode alimentari? 

“Il mercato dello zucchero ha un andamento piuttosto piatto, con una crescita dell’1% annuo. Sicuramente i cambiamenti di abitudini influenzano positivamente o negativamente l’andamento delle vendite ma tendenzialmente rimane piuttosto stabile. Per i Paesi sottosviluppati lo zucchero rappresenta un’ottima fonte di carboidrati a basso costo, ma riconosciamo che questa sostanza va assunta con parsimonia per far sì che la dieta sia bilanciata e per questo non promuoviamo eccessivamente il suo utilizzo”.

Parliamo di biocarburanti derivanti da scarti agricoli, canna da zucchero e grano. Vista la vastità della sua produzione il Brasile potrebbe giocare un ruolo dominante nel settore…

“Pensiamo che le risorse di energia debbano essere distribuite e non concentrate in un unico Paese. Abbiamo imparato dopo la prima crisi del petrolio nel 1973 che le risorse non possono essere concentrate e pensiamo che l’industria dei biofuels debba seguire lo stesso percorso. Crediamo che la nostra più grande responsabilità sia quella di condividere la nostra esperienza sulla produzione e il consumo di biofuels, ‘esportando’ ciò che è utile per tutti. In linea con quello che la FAO chiama ‘integrated food and energy system’ pensiamo sia importante integrare la produzione di cibo con quello di energia, ma anche fornire agli altri la nostra expertise sullo sviluppo di questa energia. L’obiettivo della sostenibilità ce lo impone. Se abbiamo un percorso sostenibile per produrre e consumare biofuel potremmo anche aiutare altri paesi a farlo. Significa portare la nostra esperienza in paesi come l’Angola o il Sud Africa, il Kenya o le Filippine o il Vietnam. Quindi sì, vorremmo avere un ruolo importante e condividere i nostri 50 anni di esperienza nella produzione e nello sviluppo di queste industrie”. 

L’Italia ha aderito all’Alleanza Globale per i biocarburanti, ne è stata tra i principali promotori, ed è lo Stato europeo più avanzato nello sviluppo di questo settore. Lei è stato autore della legge RenovaBio, finalizzata a espandere l’uso dei biocarburanti in Brasile. Qual è il “punto” delle condizioni di sostenibilità nel paese? 

“L’Italia è il più importante produttore di biofuels in Europa e l’integrazione dell’Italia nell’alleanza è stato un grande passo a livello globale. RenovaBio mira a misurare la carbon intensity di ogni litro di etanolo in Brasile, ovvero l’emissione di CO2 emesso, in termini di energia prodotta. Ma non solo, vogliamo stimolare l’efficienza e non solo la produttività. L’obiettivo è combattere l’idea che le risorse naturali debbano essere sfruttate subito ed in maniera estesa ed intensiva per il bene dello sviluppo economico. Dal 2017 il governo brasiliano ha lanciato il programma “RenovaBio” con lo scopo di ridurre del 10% la CO2 presente all’interno della benzina, incentivando i distributori a mischiare il carburante con i biocombustibili, e di conseguenza aumentando al 30% la percentuale di biofuels rispetto all’offerta totale di combustibili utilizzati in Brasile. E i risultati nel corso del tempo sono stati buoni, si stima che nel 2021 i distributori di biocarburanti hanno evitato l’emissione di 24,4 milioni di tonnellate di gas serra. Questo ci ha consentito di vendere tonnellate di Carbon Credits in borsa, quindi va bene per l’economia e fa bene all’ambiente. Dopo di che abbiamo condiviso le nostre esperienze con altri paesi iniziando con l’India perché loro già producono canna da zucchero e perché hanno una pessima qualità dell’aria nelle grandi città”.

Quali sono gli interventi più urgenti per incentivare la sostenibilità? Che ruolo hanno scienza, tecnologia e innovazione nella trasformazione dei sistemi agroalimentari per far fronte alle sfide climatiche.  

“Il mondo si trova ad affrontare due sfide: sicurezza alimentare e sicurezza energetica da affrontare sempre tenendo a mente la necessità di ridurre l’impatto ambientale. Per poter far fronte a queste sfide è necessaria la condivisione di esperienze e soluzioni con gli altri Paesi del mondo. Perché non si può riuscire in un campo a scapito dell’altro. Ad esempio, il Sudafrica ha blackout ogni giorno, anche se è il più sviluppato del continente.  In Brasile sappiamo che per produrre etanolo dal mais si utilizza solamente l’amido, ma il resto della materia è cibo per le persone e mangime per gli animali, e questo coniuga diversi risultati utili. Ricordiamoci inoltre che tutte le piantagioni di canna da zucchero sono campi recuperati completamente dal degrado, e questo è un altro modo di considerare la sostenibilità. Siamo in grado di raccogliere il mais con un macchinario e seminare la soia sullo stesso campo con un secondo che lavora a trenta metri dal primo. Abbiamo inoltre migliorato la produttività del bestiame per ettaro. La buona notizia è che il nostro modello può essere esportato in altri Paesi, anche quelli meno sviluppati, e quindi il Brasile può avere un ruolo importante, soprattutto nella condivisione di soluzioni. Prima era come se Brasile ed Europa stessero dalle due diverse parti dello stesso muro. Ma quando parliamo di sostenibilità mi chiedo, perché abbiamo bisogno di un muro? Perché siamo da parti opposte dello stesso muro? Affrontiamo le stesse sfide e abbiamo gli stessi timori, possiamo e dobbiamo collaborare”.

Infine ha risposto Luiza Bruscato, Direttrice esecutiva del Tavolo Brasiliano di Zootecnica Sostenibile, docente di gestione dell’agroalimentare presso l’Istituto post laurea e universitario, membro del Comitato esecutivo della Global Roundtable for Sistainable Beef.

Bruscato, come opera il Tavolo Brasiliano di Zootecnia Sostenibile? 

“Il nostro è il primo tavolo creato sull’argomento e i nostri stakeholder sono molto attivi e attenti sul tema della sostenibilità e del benessere animale. La nostra è un’ONG che raccoglie circa 70 membri della nostra catena di produzione, come aziende produttrici, di servizi. Da 16 anni stiamo lavorando per migliorare costantemente il settore, porci sempre nuovi obiettivi e raccogliere dati e informazioni sulla catena di produzione. Ora ci sono altri tavoli sull’argomento a livello globale e io rappresento il tavolo dell’America Latina. Ci occupiamo di 4 principali argomenti: clima ed emissioni – nell’ultima COP il Brasile ha firmato un compromesso per la riduzione del 30% delle emissioni di metano; utilizzo di suolo – aumentare la produzione senza aumentare l’utilizzo di suolo, tenendo presente che dai 185 milioni di ettari dedicati alla pastorizia nel 1997, ora il numero è diminuito a 160 milioni di ettari mentre il numero di capi di bestiame è aumentato molto (60 mln circa); tracciabilità – dopo la firma del Green Deal siamo ancora più attenti a questo aspetto; e infine benessere animale.  Siamo anche molto attenti ai dati: con il lancio della Guide of indicators for sustainable livestock abbiamo creato un indicatore per raccogliere dati e informazioni da parte degli allevamenti e migliorare la sostenibilità nei singoli stabilimenti”.

So che lavora molto per raggiungere una maggiore tracciabilità dei capi negli allevamenti. Qual è l’importanza di questa attività? 

“Per esportare carne di manzo verso l’Europa abbiamo creato un sistema di tracciamento specifico ma è una procedura sanitaria che traccia solamente gli ultimi 19 giorni di vita dell’animale. La proposta di legge ora è quello di rendere obbligatorio il tracciamento dell’animale fin dalla nascita, non solo dal punto di vista sanitario ma anche ambientale perché, ad esempio, alcuni nostri capi nascono in un posto ma nel corso della loro vita cambiano posto. Di questa proposta discuteremo nella prossima riunione a Dubai”.

Quali sono i principali problemi da affrontare per raggiungere una maggiore sostenibilità? 

“Migliorare le attività di gestione/management e aumentare la produttività riducendo l’impatto ambientale. Il Brasile prende il suo nome da quello di un albero, e questo nome gli è stato dato perché il 66% del nostro territorio è coperto da foreste. Ora, la metà di queste foreste sono proprietà privata e i proprietari di queste aree sono obbligati per legge a proteggerle, anche se ciò ha un costo per loro. Ma bisogna fare di più”. 

Le nuove generazioni partecipano alle attività rurali? Forse loro sono più sensibili ai temi della sostenibilità, del risparmio delle risorse idriche e della tutela della biodiversità?

“Le giovani generazioni sono più attente, più istruite in termini di formazione universitaria su questi aspetti. Spesso si allontanano per qualche anno per andare a studiare, e questo permette loro di portare alle proprie aziende famigliari grande know-how in termini di sviluppo e tecnologia. Vorrei inoltre sottolineare l’esistenza in Brasile del sistema integrato ‘integrated crop livestock forestry systems’, cioè l’intensificazione sostenibile dei sistemi di produzione, che comprende diverse attività l’anno, riguardanti soia, mais, allevamento, oltre al mercato dei crediti di carbonio. I ‘Sistemi Integrati Colture-Bestiame-Forestali’ sono strategie di produzione agricola che integrano diversi sistemi produttivi, ovvero il sistema agricolo, quello zootecnico e quello forestale, all’interno della stessa area. Possono essere eseguiti attraverso la consociazione, la successione colturale o la rotazione colturale, in modo che tutte le attività siano reciprocamente vantaggiose. Tali sistemi integrati mirano a ottimizzare l’uso del territorio aumentando i livelli di produttività in un’area, utilizzando meglio gli input, diversificando la produzione e generando più posti di lavoro e reddito. Tutto questo nel rispetto dell’ambiente, con basse emissioni di gas serra o addirittura mitigando tali emissioni. Sono ottime strategie finalizzate anche al recupero di aree degradate, e mirano a intensificare e a condividere i benefici generati dalla sinergia dell’integrazione delle diverse attività combinate. Il Brasile è un enorme fornitore di materie prime per il mondo e crediamo che se non siamo sostenibili non tutti i nostri clienti lo saranno, dobbiamo cooperare insieme perché abbiamo lo stesso obbiettivo ovvero ridurre il cambiamento climatico”.

Redazione Agenfood

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Agen Food è la nuova agenzia di stampa, formata da professionisti nel campo dell’informazione e della comunicazione, incentrata esclusivamente su temi relativi al food, all’industria agroalimentare e al suo indotto, all’enogastronomia e al connesso mondo del turismo.

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