(Agen Food) - Roma, 12 giu. - Lesaffre Italia, azienda di riferimento nella produzione e…

Eataly lancia la sua pizza dolce. Francesco Pompilio: è come un ricordo d’infanzia
(Agen Food) – Roma, 20 mag. – di Giulia Ippolito – Eataly dal 6 maggio ha lanciato la sua prima pizza dolce, disponibile in tutte le pizzerie del brand in Italia. Non si tratta di una semplice rivisitazione, ma di una vera e propria innovazione che mescola la leggerezza dell’impasto con una crosticina caramellata e farciture uniche, offrendo così una nuova esperienza sensoriale.
Al cuore di questa pizza c’è la “scrocchiarella” Eataly, un impasto di 50 grammi steso al mattarello e ripiegato su sé stesso, realizzato con il 70% di farina di grano duro biologico Senatore Cappelli. Un leggero strato di zucchero sulla superficie e la cottura nel forno a legna trasformano la base in una crosta croccante e caramellata, che esalta il profumo dell’impasto e ne arricchisce il sapore. Due le varianti proposte: una con crema di mascarpone, gocce di cioccolato fondente e cacao amaro, l’altra con crema di ricotta e visciolata, un omaggio alla tradizione dolciaria romana. Questa novità si inserisce come l’ultimo capitolo dell’evoluzione della pizza firmata Eataly. Francesco Pompilio, mastro pizzaiolo di Eataly, racconta ad Agen Food il concept dietro all’idea di successo di Eataly.

Com’è nato il progetto e qual è la filosofia delle pizzerie di Eataly?
“Tutto è iniziato circa 7-8 anni fa con il progetto Pizza. Oggi, la pizza è una nostra creazione in tutti i nostri ristoranti e pizzerie in Italia e all’estero. Abbiamo iniziato in Europa qualche anno fa, con Parigi, poi Stoccolma, e infine Londra, dove siamo presenti da 4 anni. Fino a quel momento, ogni pizzeria aveva una pizza diversa, pur essendo tutte ottime. Non c’era un’identità definita, e questo mancava come elemento distintivo per il nostro brand. Per Eataly, come dice il nostro slogan, ‘La pizza è una cosa seria’, quindi abbiamo deciso di creare una ricetta per unificare la pizza in tutti i punti vendita. Abbiamo voluto dare ai nostri ragazzi la possibilità di intraprendere un percorso che fosse identitario. La mia ricetta iniziale era più complessa, con una biga al 50% e farina semi-integrale, ma non era facile da replicare in ogni pizzeria. Così, ho dovuto semplificarla. Oggi partiamo da una biga al 30% e usiamo farina semi-integrale e farina tipo 0, tutte biologiche e macinate a pietra. L’impasto fermenta per 24 ore, poi viene chiuso e lievitato un altro giorno. Per molto tempo, questa è stata una delle nostre caratteristiche distintive, anche se nel tempo ci siamo resi conto che la lunga lievitazione non era più un fattore fondamentale per i clienti. L’importante è che il prodotto finito sia buono, leggero, digeribile e gustoso. Negli ultimi anni, la pizza ha subito una grande evoluzione, e posso dire con orgoglio che noi abbiamo contribuito a questo cambiamento. Ho anche introdotto impasti speciali, come quello con farina integrale, cereali o grani antichi, e l’anno scorso, ispirato alle mie origini pugliesi, ho creato un impasto con farina Senatore Cappelli. La semola di grano duro, generalmente usata per la pasta e il pane, non veniva utilizzata per la pizza, ma abbiamo deciso di provarla, creando una pizza sottile e croccante, stesa con il mattarello. La scrocchiarella è il risultato di questa ricerca: una pizza che rappresenta la nostra identità, che è al contempo tradizionale e trasversale, apprezzata in tutta Italia, da nord a sud. Da più di un anno, questo impasto Senatore Cappelli è diventato così popolare che ormai è diventato un altro ‘impasto classico’ nei nostri menù e posso dire con orgoglio che per certi aspetti noi siamo stati anche fautori di questo percorso in crescita nel mondo della pizza. Quindi sono contento di questo. Ovviamente il percorso non si è fermato lì, è andato avanti. Nel corso del tempo, praticamente a cadenza più o meno semestrale, abbinavo all’impasto classico, che poi quello che vi ho raccontato prima è diventato il nostro impasto classico, un ‘impasto speciale’, che poteva essere di farina integrale, che poteva essere multi cereali o di grani antichi”.
Com’è nata l’idea della “scrocchiarella”?
“L’anno scorso invece, a gennaio, ho avuto questa intuizione e sulla scia di questo tipo di percorso ho ideato un impasto un po’ diverso. Sono partito da quelle che erano le mie origini, io sono pugliese, e ho voluto fare un impasto che in qualche modo mi rispecchiasse, soprattutto rispecchiasse le mie radici. E ho fatto l’impasto utilizzando la farina Senatore Cappelli, quindi una farina di semola, di grano duro, che generalmente non viene utilizzata per fare l’impasto da pizza, perché si usa tanto per fare la pasta, per fare il pane. L’idea è stata di utilizzarlo in una versione particolare, cioè di fare la pizza croccante, sottile, a mattarello, per permettere quindi all’aromaticità dell’impasto di venire fuori. Tutto è nato dall’idea di voler fare una pizza diversa, non solo cambiando l’impasto. Avevamo bisogno di qualcosa che fosse diverso anche da un punto di vista della forma. A Roma può sembrare un’idea forse più ovvia, ma abbiamo scoperto che la pizza sottile, croccante, è un prodotto che trasversalmente attraversa tutta l’Italia, da nord a sud. Infatti, confrontandoci anche con varie realtà, da Torino a Palermo, abbiamo notato che la pizza sottile e croccante è un trade union tra tutte le pizze del paese. La nostra sfida era fare qualcosa che rispecchiasse la nostra identità, la nostra filosofia, qualcosa che fosse tradizionale e trasversale. E da lì è nata appunto la scrocchiarella”.
Raccontaci dell’ultima novità, la pizza dolce.
“Dietro alla pizza dolce c’è un pensiero legato alla mia esperienza personale. Ho dovuto attingere ai miei ricordi d’infanzia, perché ricordo che, quando ero piccolo, mia nonna per capire se il forno era abbastanza caldo per cuocere il pane, prendeva dei pezzi di impasto, li allungava un po’ e li metteva nel forno mentre c’era ancora la fiamma. A quel punto, queste strisce di impasto si gonfiavano e, quando erano dorate, le tirava fuori, le apriva con un coltello e le riempiva con della ricotta. Se volevamo mangiare qualcosa di dolce, aggiungeva anche dello zucchero alla ricotta, altrimenti solo olio e sale, e quella diventava la nostra ‘crema’. E io, oggi, mi sono ispirato a quella tradizione”.
